Credo che, in parte, ci sia una difesa, una paura di
confrontarsi con la propria vulnerabilità. Il mondo moderno, con la sua
frenesia e la costante esposizione ai social media, spinge spesso a
concentrarsi su ciò che è immediato, visibile, facilmente consumabile. La
profondità richiede tempo, riflessione, e a volte una capacità di ascoltarsi
che non tutti sono disposti o pronti a coltivare. Inoltre, la paura di
affrontare verità scomode o di esporsi troppo può spingere a restare in superfice,
dove ci si sente più sicuri. Penso anche che ci sia un aspetto culturale. Oggi
la superficialità è spesso premiata, soprattutto in contesti sociali e
mediatici. Le storie facili e le emozioni espresse in modo semplice sono quelle
che attirano più attenzione. La profondità, invece, richiede uno sforzo
maggiore, un tempo che molti non sono disposti ad investire. Io
spero che, chi invece è pronto ad esplorare temi più profondi, possa trovare
nel mio blog una risorsa. Lady Altea
Considerazioni del mattino a mente fredda , e sono comunque considerazioni nei limiti di una risposta ad un post perché per le domande che poni , ad ognuna di loro c'è una variabile di infinte risposte e di nuove domande
RispondiEliminaIn fin dei conti i social ripropongono in maniera amplificata ed esagerata , quello che è sempre successo sui giornali , il mostro in prima pagina la smentita in 24ma pagina
Siamo e siamo sempre stati un popolo di guardoni morbosi e invidiosi ( pensa alle code in strada per gli incidenti ma sulla corsia opposta) perciò social , grandi fratelli, isole dei famosi , tutto creato per soddisfare il nostro bisogno malsano di godere delle miserie altrui
Perché non si va a fondo ? Perché è più facile , più rapido , più immediato , senza pensieri , viviamo il tempo del tutto è possibile ( a parole quantomeno) la realtà è che il lavoro la fatica non si possono evitare se vuoi raggiungere qualsiasi obiettivo
Quali mostri combattiamo ? I nostri sicuramente, secoli di giudizi e condizionamenti sociali , non sono proprio d accordo con la famosa frase , non e l abisso che guarda dentro , l abisso è già dentro . Abbiamo paura del buio , del nostro buio , e in fondo all abisso non c'è il solo buio o il vuoto , c'è solo uno specchio d acqua nel quale rifletterci e fare a patti con chi siamo , a torto o a ragione, pochi hanno il coraggio di affrontare l abisso
E a volte mi chiedo se non abbiano ragione loro
Hai colto un punto cruciale: il nostro tempo è davvero segnato dalla ricerca di ciò che è immediato, facile, e dalla paura di fermarsi a guardare dentro noi stessi. Forse è vero che, come dici, ci fermiamo sulla soglia perché abbiamo paura di quello che potremmo trovarci: il vuoto, il buio, o qualcosa di troppo scomodo da affrontare: Mi chiedo se questa morbosità che descrivi ( il bisogno di guardare i mostri fuori) sia un modo per evitare di riconoscere i nostri. Guardare l'altro soffrire o cadere ci fa sentire al sicuro, come se le nostre ferite fossero più leggere o meno visibili. Ma alla fine cosa ci resta? Un sollievo effimero e nessuna risposta.
RispondiEliminaForse la verità sta proprio nella fatica che cerchiamo di evitare: nell'osservare l'abisso interiore senza paura di cadere, non perché sia facile, ma perché è necessario per capire chi siamo e cosa ci rende davvero vivi.