Visualizzazione post con etichetta bdsm. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta bdsm. Mostra tutti i post

lunedì 27 gennaio 2025

Il mio pensiero sulla money slavery: più di un gioco

 




La Money Slavery è una delle pratiche più incomprese del BDSM, spesso liquidata come un capriccio o un gioco perverso. Eppure, dietro questa dinamica c’è un universo di emozioni e significati profondi che merita di essere compreso. Per alcuni, il gesto di rinunciare al controllo su qualcosa di così personale come il denaro rappresenta molto più di un atto materiale: è una dichiarazione di fiducia, di abbandono, e soprattutto di desiderio di liberarsi da un peso. Nella nostra quotidianità, il denaro viene spesso percepito come il simbolo ultimo di autonomia, di potere. E proprio per questo, cederlo volontariamente diventa un gesto rivoluzionario. Per chi vive questa esperienza, consegnare il proprio denaro alla Mistress non è mai un semplice trasferimento economico, ma un rituale che scava in profondità. C’è eccitazione, ansia, paura e infine sollievo. Un sollievo che nasce dal potersi alleggerire del controllo, dal sentirsi svuotati di una responsabilità che, per molti, diventa un peso insostenibile. È una forma di liberazione: quando non hai più nulla da difendere, puoi finalmente ricostruirti su basi nuove. Questa è la vera essenza della Money Slavery. Non si tratta di uno scambio fine a sé stesso, ma di una dinamica che, vissuta consapevolmente, permette di esplorare le proprie fragilità. Per il Money Slave, offrire denaro è come mettere a nudo la propria anima. È un dono simbolico che annulla, che toglie e insieme restituisce qualcosa di più grande: la possibilità di ritrovare equilibrio e pace interiore. La Mistress, in questo contesto, diventa una guida. È lei a dare ordine al caos, a offrire una struttura che permette al suo sottomesso di sentirsi al sicuro mentre si perde. Ma perché qualcuno dovrebbe desiderare di essere svuotato? La risposta si trova nelle pieghe delle fragilità umane. C’è chi vive il denaro come un’ossessione, un’ancora di sicurezza che diventa però una gabbia. Rinunciare a questa ancora è come distruggere simbolicamente il potere che non si riesce a gestire, trovando nella sottomissione una via per respirare. Per altri, invece, l’idea di affidarsi completamente a qualcun altro rappresenta un modo per esplorare la fiducia, per lasciare andare la pressione di dover sempre mantenere il controllo. Ed è qui che la Money Slavery assume il suo vero significato: non come distruzione, ma come rinascita. Naturalmente, questa pratica richiede equilibrio e responsabilità. Non deve mai sfociare nella rovina economica o nella distruzione personale. La Mistress ha un ruolo delicato, quello di guidare senza sfruttare, di riconoscere i limiti del gioco e di rispettare la vulnerabilità di chi si affida a lei. Il denaro, pur essendo il fulcro della dinamica, non è mai l’obiettivo finale. È un mezzo, uno strumento per costruire un legame basato sulla fiducia, sulla consapevolezza e su un’intima comprensione reciproca. Anche per la Mistress, ogni interazione è un percorso. Saper interpretare i bisogni del Money Slave, rispettarne i confini e offrirgli un’esperienza che lo arricchisca emotivamente è un esercizio di attenzione e sensibilità. Non si tratta solo di esercitare potere, ma di farlo con intelligenza, intuizione e rispetto. Ogni transazione non è mai solo un trasferimento materiale: è un dialogo silenzioso, un incontro tra due mondi che si toccano per un istante, lasciando entrambi trasformati. Quando vissuta con consapevolezza, la Money Slavery diventa molto più di un gioco. È una danza sottile tra forza e fragilità, tra perdita e ritrovamento. Per il Money Slave, è un viaggio verso il vuoto che permette di ricostruirsi. Per la Mistress, è un equilibrio tra controllo e responsabilità, una forma di connessione che scava nel profondo e che, proprio in questa tensione, trova il suo significato più autentico. Non è per tutti, ma per chi sa coglierne l’essenza, può essere una delle esperienze più intime e trasformative che si possano vivere.

 

Racconto

Nella goccia il nulla.            

 Il gocciolio del lavandino nella stanza accanto continuava imperterrito, una presenza costante e implacabile. Ogni plin sembrava scandire la sua sottomissione, un pezzo di lui che si sgretolava con ogni goccia, fino a ridurlo a ciò che era veramente. Niente. “Respira,” sussurrai, il tono calmo e deciso come una lama affilata. “Ma fallo piano. Anche il tuo respiro, se troppo rumoroso, potrebbe disturbare il silenzio. Sei qui per esistere solo come io desidero, non un millimetro di più.”Il suo cuore batteva forte, un ritmo quasi palpabile che sembrava amplificare ogni mio gesto e parola. Ogni battito era una resa, un abbandono che pulsava nella stanza come un’eco. Mi avvicinai senza rumore, i tacchi delle mie scarpe sfioravano appena il pavimento. La tensione tra di noi era elettrica, il tempo stesso sembrava essersi fermato, piegato alla mia volontà. “Sai cosa mi affascina di te?” domandai, lasciando che il silenzio prolungasse la domanda fino a renderlo insopportabile. “La tua incapacità di essere qualcosa senza di me. Non è forse ironico? Nella tua vita quotidiana sembri forte, invincibile persino. Ma è qui, davanti a me, in ginocchio, che trovi il tuo vero senso. Che gusto c’è a fingere di essere qualcuno, quando sai che il tuo unico valore è essere ridotto a nulla? “Un singhiozzo soffocato sfuggì dalle sue labbra, ma lo ignorai. Era un suono che non mi apparteneva e, come tutto ciò che era suo, non meritava la mia attenzione. Passai accanto a lui, le dita sfiorarono appena la sua nuca con un tocco freddo e distaccato. Lo vidi rabbrividire. “Non devi parlarmi,” continuai. “Le tue parole sono vuote. La tua voce è irrilevante, come tutto ciò che sei. Ma quel vuoto che sei, quel niente, è il mio capolavoro. Io ti modello, ti plasmo, ti svuoto, finché non rimane altro che la mia volontà. “Mi fermai dietro di lui, osservandolo dall’alto, come si guarda un oggetto da valutare. Il ticchettio dell’orologio sembrava rallentare, come se il tempo fosse mio alleato, un servitore silenzioso della mia volontà. Un’altra goccia cadde nel lavandino e vidi la sua schiena trasalire, il suono ruppe la sua concentrazione. “Vedi? Anche quella goccia è più rilevante di te. Ha un ritmo, una costanza, un significato. Tu sei solo il vuoto tra una goccia e l’altra. Il silenzio che nessuno nota. ” Il suo respiro si fece più lento, quasi trattenuto. Era come se avesse paura di disturbare l’armonia che avevo creato intorno a noi. Lo lasciai affondare in quella paura, lasciando che lo consumasse. “Guardati,” dissi infine, il disprezzo intessuto nelle mie parole. “Sei venuto qui implorandomi di ridurti a niente. Ma la verità è che non c’era niente da togliere. Lo hai fatto da solo. Dimmi, cosa rimane di te, se non l’eco delle mie parole? Perfino il tuo respiro, perfino la tua esistenza, è concessa solo perché io te lo permetto. ” Mi chinai verso di lui, il mio sussurro vicino al suo orecchio come un veleno dolce. “Sai perché ti permetto di stare qui? Perché nel tuo essere niente, mi servi. Sei il testimone del mio potere, l’oggetto che dà forma alla mia volontà. Non esisti per te stesso, esisti per me. E questo ti piace, vero?” Un lieve cenno del capo, quasi impercettibile, fu tutto ciò che osai concedergli. Lo guardai e seppi, in quel momento, che lo avevo distrutto. Ma era proprio da quella distruzione che sarebbe nato di nuovo. Quella volta, però, non sarebbe stato un uomo completo, ma una mia estensione, qualcosa di plasmato e dominato, completamente mio.

Riflessione finale:

Scrivere di Money Slavery è sempre un processo complesso, perché non è facile spiegare un mondo così intricato e sfumato. C’è tanta confusione intorno a questa pratica. Troppo spesso chi si avvicina al mondo della Money Slavery la interpreta come un semplice scambio: “Io ti pago e tu fai qualcosa con me.” Oppure, al contrario, c’è chi immagina che basti schioccare le dita per avere persone disposte a regalarti soldi, come se fosse una magia. Ma non funziona così. La verità è che ciò che si “dà” e si “riceve” in questo contesto non è mai semplicemente denaro. È qualcosa di molto più profondo. Quel “niente” che lo schiavo offre non è realmente vuoto: è carico di emozioni, di desiderio, di vulnerabilità. È un vuoto che pesa, un vuoto che parla. Ed è proprio questo che rende tutto così difficile e affascinante: trovare qualcuno che sia davvero in grado di vivere questa dinamica senza fraintenderla, senza svilirla. Creare un rapporto sincero e valido nel contesto della Money Slavery è un equilibrio delicato. Richiede fiducia, consapevolezza e una connessione autentica. E, purtroppo, non è per tutti. Ma quando accade, quando si riesce a creare quel legame così unico e profondo, diventa qualcosa di straordinario, che va oltre le apparenze e i pregiudizi. Diventa un gioco, sì, ma un gioco che scava nell’anima.

giovedì 23 gennaio 2025

Il mito dell’orgasmo universale nel BDSM.





Uno degli errori più frequenti che noto è pensare che esistano pratiche universali, valide per chiunque:” Mi hanno detto che con questa pratica posso avere un orgasmo incredibile”. È una frase che sento spesso, legata a tante pratiche diverse: il controllo del respiro, il dolore, il bondage, e via dicendo. Ma ciò che voglio sottolineare, ciò che ritengo essenziale, è che non esiste una pratica che garantisca un tipo specifico di orgasmo o piacere per tutti. Il BDSM non funziona come una ricetta. Non è che, aggiungendo una pratica specifica al tuo repertorio, otterrai automaticamente un certo tipo di piacere o orgasmo. Certo, esistono racconti, esperienze personali e persino teorie scientifiche che collegano determinate pratiche a certe sensazioni intense. Ma questo non significa che quelle esperienze siano replicabili per tutti, in qualsiasi contesto. Prendiamo, ad esempio, il controllo del respiro ( breath control). C’è chi dice che ridurre temporaneamente l’apporto di ossigeno può amplificare le sensazioni e portare a orgasmi straordinari. È vero: per alcune persone funziona così. Ma altre potrebbero non provare niente di speciale, o addirittura sentirsi a disagio o spaventarsi. Lo stesso vale per il dolore: c’è chi lo vive come una fonte di piacere, e chi invece lo trova insopportabile o semplicemente non eccitante. Il punto fondamentale è che il piacere, così come l’orgasmo, è qualcosa di profondamente personale. Non è solo una questione fisica, ma anche emotiva e psicologica. Ciò che funziona per una persona dipende da una combinazione unica di fattori, tra cui:

PREDISPOSIZIONE PERSONALE: non tutti hanno lo stesso rapporto con il proprio corpo e le proprie sensazioni

CONTESTO EMOTIVO: La fiducia, la connessione e la sicurezza giocano un ruolo cruciale. Una pratica vissuta con la persona sbagliata potrebbe risultare deludente, mentre con la persona giusta può trasformarsi in un’esperienza straordinaria.

MOMENTO E PREDISPOSIZIONE MENTALE: Ciò che piace oggi potrebbe non piacerti domani, o viceversa.

Quando qualcuno dice, “con quella pratica puoi provare quel tipo di piacere “ricorda che non esiste una formula magica. Il BDSM è unico per ogni persona e per ogni relazione. Queste idee creano aspettative irrealistiche, quando qualcuno entra nel mondo BDSM aspettandosi che una certa pratica dia loro un certo tipo di orgasmo, rischia di rimanere deluso. Questo approccio trasforma il BDSM in una lista di cose da provare, invece di un’esplorazione autentica e personale. Ciò che mi sento di consigliare è di ASCOLTARSI, non partire da ciò che si dice o da ciò che hai letto, ma da ciò che senti. Non esiste una pratica che garantisca il piacere a tutti, perché il BDSM non è una scienza esatta. È un viaggio intimo, in cui scopri cosa funziona per te e cosa no.   La bellezza di questo mondo sta proprio nella sua soggettività. Non lasciarti ingannare dall’idea che una pratica specifica garantisca un certo tipo di piacere o orgasmo. Non è cosi, e non deve esserlo, è un’esperienza personale, fatta di scoperte, emozioni e connessioni uniche. Ogni pratica va vissuta per ciò che è: una possibilità, non una promessa. E il piacere che troverai/proverai dipenderà non da ciò che si dice, ma da chi sei, cosa cerchi e come scegli di vivere questa esperienza. È questo che rende il BDSM speciale: la libertà di essere autentici e di scoprire il proprio piacere, senza aspettative preconfezionate. Alla fine, ciò che conta davvero non è raggiungere un obbiettivo prestabilito, ma il viaggio che fai per scoprire te stesso e i tuoi desideri: Lasciati guidare dalla curiosità, dall’ascolto e dalla fiducia, perché il vero piacere sta nell’esplorare ciò che ti rende unico, senza il peso di dover essere o provare qualcosa che non ti appartiene.

lunedì 20 gennaio 2025

Subspace e Topspace : un viaggio condiviso

 


C’è una magia silenziosa che accade durante una sessione BDSM, una trasformazione che non è solo fisica ma soprattutto mentale. Non si tratta semplicemente di seguire un copione o di interpretare un ruolo: è un incontro intimo con sé stessi attraverso l’altro. È qui che entrano in gioco due stati di flusso emotivo, profondamente diversi ma complementari: il subspace e il topspace. Due esperienze che, in modi opposti, conducono a una verità personale intensa e spesso inaspettata.

Per chi lo vive, il subspace è un viaggio verso l’interno, un luogo in cui tutto si dissolve: ansie, pensieri, aspettative. Rimane solo il momento presente, un presente che sembra sospeso, quasi irreale.Il mio  schiavo mi ha parlato spesso di questo stato, e ogni volta il racconto cambia nelle sfumature, ma non nell’essenza. Un giorno, un altro schiavo, mi ha detto con un filo di voce: “È come se smettessi di esistere come persona, ma non in modo negativo. Mi sento libero di essere solo un corpo, una sensazione, qualcosa che appartiene a te. Non devo fare nulla, non devo decidere nulla. Mi lascio galleggiare in un mondo che crei tu.”

E un altro, con gli occhi ancora persi nell’intensità della sessione, ha sussurrato: “Sento che il mio respiro dipende dal tuo. È come essere sott’acqua, ma è la pressione che mi fa sentire vivo. È la tua presenza che mi tiene al sicuro.”Il subspace non è debolezza, né semplice abbandono. È un dono. È la capacità di fidarsi a tal punto da lasciare il controllo a qualcun altro, sapendo che quella persona non lo userà mai per ferirti, ma per portarti dove da solo non riusciresti ad andare.

Il Topspace, è per me, il cuore pulsante di ogni sessione.È difficile da spiegare, ma ogni volta che entro in quello stato, è come se qualcosa in me si accendesse. Non c’è spazio per i dubbi o le distrazioni, tutto si concentra sull’altro, sul momento. Ogni respiro che sento, ogni tremore sotto le mie mani, diventa parte di una sinfonia che sto dirigendo.Non è potere fine a sé stesso, non è dominio sterile. È responsabilità, è cura. Sentire che qualcuno si affida a me con tutto sé stesso mi dà una forza che non trovo altrove. Ma non è un controllo rigido: è un fluire continuo, come se fossi in dialogo con l’altra persona, anche quando nessuno di noi due parla.Mi piace osservare i dettagli: il modo in cui gli occhi dello schiavo si abbassano, il ritmo del suo respiro che cambia, la tensione che si scioglie a ogni comando. È lì che trovo la mia forza, nel vedere che ogni gesto che faccio lo guida verso qualcosa di nuovo, qualcosa che forse non sapeva nemmeno di cercare.E poi, c’è quel momento. Lo riconosco sempre. Lo sguardo che diventa diverso, più profondo. È lì che capisco di essere riuscita a condurlo dove voleva, dove aveva bisogno di andare, anche se non lo sapeva. E in quel momento, io stessa mi sento completa.Quando la sessione si avvia alla conclusione, sia il subspace che il topspace iniziano a dissolversi, ma non di colpo. È un passaggio lento, come il calare di un sipario. Ci troviamo di nuovo semplicemente noi, senza ruoli, senza barriere.Non sempre mi lascio andare a gesti fisici. Gli abbracci, lo ammetto, non sono il mio modo naturale di esprimere affetto. Non perché non ne sia capace, ma perché ho sempre avuto una sorta di barriera emotiva nei confronti del contatto fisico troppo spontaneo. Non è freddezza, non sono un robot privo di emozioni. È semplicemente un aspetto di me, un limite che riconosco e che a volte scelgo di superare. Ma quello che offro in quei momenti non è meno autentico. Un sorriso, uno scambio di parole leggere, un piccolo gesto. Sono modi per dire: Sono qui, ti vedo, ti riconosco. Il subspace e il topspace non si esauriscono nella sessione, lasciano qualcosa che rimane, che entrambi portiamo con noi. Per lo schiavo, può essere un senso di leggerezza o una nuova consapevolezza. Per me è la certezza di aver dato qualcosa di significativo, ma anche di aver ricevuto. Ogni gesto, ogni emozione condivisa diventa parte di me, mi nutre mi da forza. Non sono solo una guida, sono parte di questo viaggio, e ne traggo a mia volta un potere che nasce dall’intensità di una connessione autentica                

Non è solo un gioco di ruoli. È un viaggio, un incontro con l’altro e con se stessi. E per quanto intenso, non è mai pesante. Perché, alla fine, tutto ciò che resta è la verità. E la verità, per quanto complessa, è sempre liberatoria.

Lady Altea

domenica 5 gennaio 2025

Il Cast fetish: tra gioco, estetica e rispetto

 

La curiosità è un motore potente, capace di portarci in mondi che non avremmo mai immaginato. E’ ciò che mi è successo quando mi sono avvicinata al mondo dell’ingessatura e delle fasciature come forma di gioco. All’inizio, era una semplice ricerca: volevo capire. Conoscere, esplorare. Poi è diventato qualcosa di più. Ho avuto modo di partecipare a giochi in cui l’ingessatura o la fasciatura erano protagoniste, e devo ammettere che mi sono divertita molto. Non tanto per l’aspetto fisico o estetico, ma per l’esperienza stessa: la creatività, la complicità, il lasciarsi andare a qualcosa di inaspettato. Questo articolo nasce da questa esperienza diretta e dalla voglia di approfondire un tema che molti non conoscono o non comprendono.

Non si tratta solo di “ingessature” o “fasciature”, è molto di più. È un mondo di estetica, emozione e complicità. È il Cast Fetish.

Che cos’è il cast fetish?

Il cast fetish, o feticismo per le ingessature, è una passione di nicchia che combina l’attrazione estetica per il gesso o le fasciature con dinamiche emotive e relazionali. Il cast fetish non è mai una realtà univoca. Si manifesta in modi diversi, a seconda di chi lo vive:

ESTETICA E SENSAZIONI VISIVE: L’aspetto del gesso, la bellezza dei dettagli come le dita che spuntano o il piede fasciato. La rigidità che avvolge il corpo, la forma che modella un arto, il contrasto tra pelle e gesso. Tutto questo crea un’immagine di immobilità che molti trovano affascinante

DINAMICHE DI CURA: La relazione tra chi indossa il gesso e chi se ne prende cura, creando un senso di intimità e connessione emotiva. Chi vive questa passione spesso trova soddisfazione nel prendersi cura di un partner “ingessato” o “fasciato”, offrendo supporto e attenzione.

GIOCO E FANTASIA: Il piacere di immaginare e vivere situazioni quotidiane in cui il gesso o la fasciatura diventano parte integrante del contesto. La creazione di fasciature ben fatte, senza grinze, rappresenta un elemento di perfezione che valorizza il piacere estetico. Alcuni amano simulare situazioni realistiche, come un infortunio immaginario

Per molti, il cast fetish nasce da esperienze infantili. Alcuni ricordano di aver visto un gesso in TV o nella vita reale e di esserne rimasti affascinati. Altri raccontano di aver giocato con bende o fasciature da piccoli, senza sapere che questo interesse si sarebbe trasformato in qualcosa di più profondo con il tempo. L’attrazione spesso non è immediatamente compresa. Chi la vive può sentirsi confuso, isolato, chiedendosi se sia “normale”. Ma con il tempo, molti riescono a scoprire e accettare questa parte di sé, grazie al supporto delle comunità online. Con l’avvento di internet, il cast fetish ha trovato una dimensione globale. Forum, gruppi sui social e piattaforme dedicate hanno permesso a molte persone di condividere esperienze, racconti e tecniche. Non si tratta solo di un luogo di scambio, ma di una rete di supporto dove chi vive questa passione può trovare comprensione e accettazione.

Eventi come il CastCamp* o semplici incontri tra appassionati dimostrano quanto questa passione sia variegata e creativa. Alcuni si concentrano sull’estetica, altri sul gioco. Altri ancora sulla connessione emotiva che ne deriva.

Come in ogni pratica legata al feticismo, il rispetto e il consenso sono fondamentali. Chi vive il cast fetish sa che la separazione tra fantasia e realtà è cruciale: le simulazioni e i giochi devono sempre avvenire in un contesto consensuale e rispettoso. La maggior parte delle persone che vive il cast fetish non è attratta dal dolore o dalla sofferenza. E’ l’immobilità, la cura e l’estetica a generare piacere.

Però, non si può ignorare l’esistenza di pratiche estreme. In rari casi, alcune persone cercano situazioni di sofferenza reale, come caviglie gonfie o arti tumefatti. Questi comportamenti rappresentano una deviazione patologica e non rispecchiano la maggioranza di chi vive questa passione.

Se tu che mi leggi senti di appartenere a questo mondo, sappi che non sei solo. Il tuo desiderio non è qualcosa da nascondere, ma una parte di te che può arricchirti, se vissuta con consapevolezza e rispetto.

Questo post è un invito ad aprire la mente e guardare senza pregiudizi. Ogni passione, quando vissuta con etica e consenso, merita di essere compresa e rispettata. Il cast fetish non fa eccezione: è una finestra sulla bellezza della diversità umana.

Un messaggio di RISPETTO per chi potrebbe sentirsi offeso

E’ importante sottolineare che il cast fetish, vissuto come fantasia o gioco consensuale, non intende mai mancare di rispetto a chi affranta reali difficoltà fisiche o handicap. L’attrazione non è rivolta alla sofferenza, ma a un’immagine estetica, un simbolismo che nulla toglie alla dignità di chi vive situazioni mediche reali. Chi pratica o si avvicina a questo mondo ha il dovere di essere consapevole di queste sensibilità e di adottare un approccio che non ferisca chi potrebbe sentirsi toccato da queste dinamiche. In fondo, ogni gioco e fantasia può essere vissuto con leggerezza e rispetto, senza mai ignorare il valore umano e l’empatia verso gli altri

 

Lady Altea

 

 

*Il Cast Camp è un evento internazionale dedicato agli appassionati del cast fetish; offrendo un’opportunità unica per incontrarsi, condividere esperienze e partecipare a attività tematiche in ambiente sicuro e consensuale. L’edizione del CastCamp 2025 è programmata dal !° all’8 febbraio 2025 nella regione del mare del nord a Blåvand, Danimarca. Partecipare a eventi come il CastCamp può essere un’esperienza arricchente per chi desidera approfondire la propria passione, incontrare persone con interessi simili e vivere momenti di condivisione in un contesto accogliente e rispettoso

giovedì 19 dicembre 2024

La vigilessa

 Questo racconto è rivolto a un pubblico adulto e descrive situazioni legate al mondo BDSM, con particolare attenzione al gioco tra dominazione e sottomissione. Le pratiche descritte, come il bondage o la rasatura, richiedono una conoscenza approfondita e una grande attenzione. E’ essenziale che chiunque voglia esplorare questi mondi lo faccia con consapevolezza, rispetto reciproco e in pieno accordo tra le parti. Un gioco che può essere fonte di piacere e di connessione è profonda, ma se condotto senza la giusta preparazione può trasformarsi in un’esperienza rischiosa o addirittura pericolosa. Ricordate: il BDSM è prima di tutto consapevolezza, rispetto, sicurezza.

La vigilessa: un taglio alle maschere



Sono quasi le 19, un ultimo appuntamento e chiudo il negozio. Sono esausto: è stata una giornata lunga, ma fortunatamente tra un po’ arriverà Irene e mi rilasserò un po’, lei è una cara amica, le taglio i capelli da almeno dieci anni. Ha un taglio iconico, cortissimo, rasato ai lati e più lungo sopra. Questo look androgino è sempre piaciuto.                                  Con Irene poi, condividiamo gusti e passioni particolari: entrambi pratichiamo BDSM e prediligiamo le donne. Quante volte abbiamo giocato insieme, condividendo la stessa schiavetta e divertendoci come pazzi! Amo la sua energia.

Le assistenti stanno finendo di riordinare, Mirella è l’ultima ad uscire, resterà solo quei dieci minuti necessari a preparare il lavaggio. Puntuale come un orologio, Irene entra con passo sicuro. Ci salutiamo con un bacio sulle guance. Sento subito un’atmosfera frizzante: in lei c’è qualcosa di diverso, di elettrico. Mentre si accomoda al lavatesta noto il suo sorriso malizioso.” Non vedevo l’ora di venire” sussurra. Ha uno sguardo vivido, penetrante, carico di una strana euforia. E io sono curioso. Quando Mirella va via, restiamo finalmente soli. Irene si sistema sulla poltrona del taglio, la testa rilassata, pronta a sentire la vibrazione familiare della macchinetta scorrere sulla testa, per lei, il ronzio costante della macchinetta è come un rumore bianco, capace di calmarla e trasportarla in uno stato di rilassamento profondo. Alcuni clienti mi dicono che il suono della macchinetta evoca ricordi d’infanzia o momenti di cura personale, intensificando il piacere dell’esperienza.

“Devo raccontarti una cosa incredibile” dice, la voce lieve ma vibrante. “Mi è successa la settimana scorsa, ancora stento a crederci…” Sorrido: “C’è di mezzo una donna?” Irene fa un cenno divertito: “Oh, una donna? No, no. Una super donna.” Il suo tono si fa più caldo. “Ma prima fammi il taglio, poi ti racconto. Sono sicura che quando saprai i dettagli ti ecciterai. Per non rovinarmi la pettinatura, meglio procedere adesso. Poi andiamo al pub qui vicino, ho fame.” Annuisco: “Ok, anche io ho fame.” E attacco con la macchinetta.

Irene chiude gli occhi, godendosi la vibrazione sulla pelle e il ronzio rilassante che la avvolge. Mentre si rilassa penso a quanti segreti abbiamo condiviso, quante scene vissute. “Mi domando cosa avrà da raccontarmi questa volta. Irene non è certo una che si trattiene: ogni volta riesce a sorprendermi, e non vedo l’ora di scoprire che cosa è successo.”

Finito il taglio, chiudo il negozio e ci dirigiamo al pub. Non appena ci sediamo con la birra davanti, Irene si accende una sigaretta. Non sta più nella pelle, e io non vedo l’ora di scoprire questa storia. “mercoledì scorso” inizia, “c’erano le targhe alterne. Lo sai, io sono vigilessa e controllavo le auto con targa dispari in piazza San Carlo. Verso le 10, vedo una Mercedes con targa dispari sfrecciare. La fermo. Al volante c’è una donna bellissima: capelli rossi, occhi verdi, un’eleganza naturale. Lei mi fissa, sorride di circostanza e si scusa dicendo che conosceva la regola, ma doveva per forza venire in centro, era in ritardo per un lavoro urgentissimo.” Mentre Irene parla, immagino la scena. Irene in divisa, austera, la donna rossa nel suo tailleur. Una tensione fatta di sguardi. Irene continua: “Mi chiede di essere gentile, promette che avrebbe mandato un commesso a pagare la multa. Quel suo tono di superiorità, quell’aria da ‘io sono importante, fammi passare’, mi ha urtata. Così, per metterla al suo posto, le ho fatto accostare e ho iniziato la procedura: patente, libretto… Lei ha provato a protestare: “Ma sono di fretta!” E io: “Signora, la legge è uguale per tutti. Ho assunto il mio tono più fermo, da vera dominatrice.”

A questo punto, Irene abbassa un po’ la voce, come se volesse gustarsi ogni parola: “La vedo diventare rossa in viso. All’inizio penso sia rabbia. Ma poi sento qualcosa di diverso nella sua voce, un tremolio dolce, quasi arrendevole. In quel momento, dentro di me si accende la padrona. Mi diverto a elencare le sue mancanze, a farle sentire la mia autorità. Lei tace, testa bassa, in silenzio per dieci interminabili minuti. Quando le ho consegnato il verbale, ho aggiunto un ultimo rimprovero: “La prossima volta non sarò così gentile” Lei è salita in macchina a testa china, mormorando un flebile “Mi scusi”.

La mia mente è già in subbuglio. Immagino quella donna bellissima, abituata a comandare, ora muta, in imbarazzo. Irene la descrive con un accenno di bramosia nelle parole. “Dopo il turno” prosegue Irene, “alle 13 sono andata al bar a mangiare un panino, e chi trovo? Lei, circondata da uomini in giacca e cravatta. Appena mi vede, si avvicina di nuovo e si scusa, questa volta con più calma. Io, sempre rigida, rispondo: “Un po’ di educazione non guasta.” Lei, invece di irritarsi, quasi si confida: “Vorrei che i miei collaboratori avessero la sua grinta, ma sono degli smidollati, dei leccapiedi. A volte vorrei qualcuno che mi facesse sentire il polso duro!”                                                                   Ho intuito che non stava solo cercando comprensione, ma qualcosa di più profondo. Credimi, le si leggeva negli occhi. È lei a propormi un incontro: “Posso offrirle un drink per scusarmi? “Io le dico: “Smetto alle 16, ci vediamo qui.” Lei sorride, soddisfatta.”

Penso a Irene che, dopo queste parole, avrà diretto il traffico sognando quello che sarebbe successo. La guardo, e vedo che anche ora, raccontando, è eccitata. Ha le guance lievemente arrossate. Io stesso sento una vibrazione salire lungo la schiena. “Alle 16 entro nel bar. Lei mi aspetta. Mi siedo, mi spiega: “Non mi fraintenda, non invito mai vigilesse al bar, ma stamattina, quando mi ha trattata così, mi è successa una cosa strana:” Sembrava imbarazzata. Ha continuato: “Sono divorziata da sei anni. Da allora mi sento attratta dalle donne, e mi piacciono dure, cattive. Nel lavoro comando, ma nel privato voglio essere sottomessa. Adoro le divise… le donne con capelli corti, vagamente militari come lei. “Lo so, magari mi prenderà per pazza, ma ho sentito il bisogno di dirle queste cose. Non so perché, ma con lei mi sento al sicuro.”

Non credevo alle mie orecchie: una donna manager, sottomessa. Alle 17.30 eravamo già a casa mia. Lei, nuda, legata al letto. Dopo un’ora di mio trattamento fatto di baci, frusta, cera calda, mollette e vibratori, la sua voce rotta dal piacere mi ha detto le parole che adoro: “Fammi quello che vuoi, ti amo!’ A quel punto le ho chiesto in tono deciso ma carico di curiosità: “Ti faresti rasare tutta?” per un attimo ho visto il suo corpo irrigidirsi, come se cercasse il coraggio per rispondere. Tremante, con voce roca, ha sussurrato: “Sì, anche i capelli.”

L’ho slegata, l’ho portata in bagno. Era ancora visibilmente eccitata, il suo corpo tremava leggermente. ” Spogliati completamente,” ho ordinato, e lei ha obbedito senza esitazioni, rimanendo nuda davanti a me. Ho preso una corda e le ho bloccato le braccia allo schienale della sedia, poi le ho immobilizzato le caviglie. “Da buona schiava”, ho notato con un sorriso compiaciuto mentre prendevo un fallo di gomma e lo infilavo lentamente nella sua vagina, osservando ogni suo fremito. La sua pelle sembrava reagire a ogni gesto, come se fosse ipersensibile al tocco. Poi ho stretto il suo seno con una corda, legandola in modo da far gonfiare i seni rendendoli ancora più sensibili. La pelle intorno ai capezzoli era tesa, e il colore divenne di un rosso intenso. Quando ho terminato, l’ho posizionata davanti ad uno specchio:” Guardati! “ho detto con voce fredda ma compiaciuta.

Si osservava, il corpo legato e il fallo ancora dentro di lei. I suoi occhi si riempirono di eccitazione e un fremito di piacere la attraversò. Ho preso un pettine e ho iniziato a passarlo lentamente tra i suoi capelli rossi, come a volerle far sentire il contrasto tra la dolcezza di quel gesto e ciò che stava per accadere

Mi sono posizionata dietro di lei, prendendo un respiro profondo per stabilizzare le mani. Le dita si sono chiuse saldamente intorno alla macchinetta, ma il cuore mi batteva forte, quasi troppo per mantenere la calma che volevo trasmettere. Ho alzato la macchinetta, il ronzio pulsava nell’aria, e con voce ferma le ho ordinato: “Non muoverti!”

L’ho detto con autorità, senza esitazioni, ma dentro di me c’era un misto di eccitazione e controllo. Lei ha respirato a fondo, deglutendo lentamente, il suono quasi impercettibile ma evidente nella tensione del suo collo. I suoi occhi, chiusi, sembravano cercare un punto di equilibrio tra paura e resa. Poi ha annuito, lentamente, con un movimento appena accennato, come se ogni millimetro fosse un passo verso un abisso che desiderava esplorare.

Avvicinai la macchinetta alla sua testa. Il primo contatto fu lieve, quasi esitante, ma il ronzio si amplificò mentre la guidavo lungo la sua fronte, tracciando una linea netta tra la massa di capelli e la pelle liscia sottostante. Il contrasto era affascinante, quasi ipnotico. Ogni passata lasciava un sentiero di pelle nuda che sembrava reagire, increspandosi leggermente sotto il tocco vibrante della macchinetta. Lei tremava appena, il suo corpo rispondeva con piccoli fremiti, ma rimaneva immobile e obbediente. I capelli scivolavano giù a ciocche spesse, atterrando silenziosamente sul pavimento come foglie che si staccano da un albero in autunno. Ogni movimento era lento, calcolato.

Il ronzio della macchinetta cambiava lievemente intonazione a seconda della densità dei capelli che attraversava, creando un ritmo che si mescolava ai suoi respiri, profondi, quasi sincroni. Mi fermai un istante, osservando ciò che avevo creato: avevo lasciato intenzionalmente una corolla di capelli rossi intorno alla sua testa, come quella di un clown. Mi chinai accanto a lei, fissando il suo riflesso nello specchio. “Guardati,” le sussurrai con tono tagliente. “Pensa se ti vedessero i tuoi collaboratori, quelli che tratti male. Che cosa direbbero? Tu, che comandi tutti con il pugno di ferro, ora ridotta così. Mi piacerebbe davvero che fossero qui” Le sue guance si tinsero di rosso mentre un gemito soffocato sfuggiva dalle sue labbra sigillate dal cerotto. La sua umiliazione era evidente, ma lo era anche il piacere che provava. Non attesi troppo. Ho continuato, passando di nuovo la macchinetta sulla testa, cancellando ogni traccia di quei capelli clowneschi fino a che non rimasero solo sottili ombre di capelli sulla pelle. 

“Stai bene?” le ho chiesto, interrompendo un momento la rasatura. Lei ha aperto un occhio, lo sguardo vitreo, e ha sussurrato: “Sì, padrona. Mi sento… libera*.”

Quelle parole mi hanno fatto sorridere, le ho infilato le sue mutande in bocca e sigillato le labbra con un cerotto adesivo. e ho continuato a rasare, passando con cura sulla sommità del capo e poi sui lati, seguendo la forma della sua testa. Ogni curva, ogni movimento sembrava parte di un rito, e io ero completamente immersa in quella danza di controllo e trasformazione. Quando ho terminato con la macchinetta, c’era solo una leggera ombra di capelli sulla testa, come un ricordo ormai sbiadito. Ho spento il dispositivo e l’ho appoggiato sul tavolo accanto. Poi ho preso la crema da barba e l’ho applicata con dolcezza. La schiuma bianca creava un contrasto ancora più netto con la sua pelle arrossata. Ogni passata del rasoio era lenta, deliberata, e rivelava una pelle liscia e lucida, perfetta nella sua semplicità. Ogni tanto i suoi fremiti erano più evidenti, piccoli gemiti soffocati sfuggivano dalla sua bocca, e il suo respiro si faceva più profondo.

Ora le raso anche le sopracciglia. Non oppone nessuna resistenza, ormai succube di ogni mio desiderio. Le spalmo la schiuma da barba anche sul viso. Prendo il bilama e lo passo ovunque, anche sul viso. Rado tutto. Passo e ripasso il rasoio. La pelle si arrossisce leggermente. “Voglio vederti domani, se la tua arroganza sarà ancora la tua arma preferita.”

Le ho passato un panno caldo sulla testa, rimuovendo ogni residuo di schiuma da barba, poi ho versato un po’ di olio lenitivo sulle mani e ho iniziato a massaggiare il suo cuoio capelluto. La pelle arrossata reagiva al mio tocco, lucida e perfettamente liscia, mentre lei emetteva piccoli gemiti, quasi impercettibili, che rivelavano la sua totale resa. “Guardati” le ho ordinato, girandola verso lo specchio. “sei come voglio che tu sia: perfetta, umiliata e completamente mia.” I suoi occhi si sono riempiti di lacrime mentre osservava il suo riflesso: la testa rasata che brillava sotto la luce, il viso trasformato, segnato da un’espressione che mescolava vergogna ed estasi. Le sono passata accanto, piegandomi verso il suo orecchio, e le ho sussurrato con voce gelida:” Hai finito di venire *salopa? O vuoi continuare a dimostrarmi quanto sei una maiala?” Lei ha abbassato lo sguardo, un fremito attraversava il suo corpo, ancora legato alla sedia. Non ha risposto, ma il rossore che le tingeva le guance era eloquente.

Lì ho liberata con calma, slegando prima le braccia e poi le caviglie, osservandola mentre restava immobile, troppo scossa per muoversi da sola. Quando ho tolto il cerotto dalle sue labbra, il suo respiro era lento, rauco, quasi spezzato. “Padrona, la prego,” ha sussurrato con voce roca e supplicante, posso leccarla tutta? “Non aspettavo altro. Senza risponderle, mi sono seduta su una sedia accanto a lei, proprio tra i capelli che avevo appena tagliato, sparsi come un tappeto sul pavimento. Ho afferrato la sua testa rasata con entrambe le mani, tirandola dolcemente ma con fermezza verso di me. Il contatto della sua pelle liscia contro le mie cosce era indescrivibile, un misto di freddo e calore, di forza e vulnerabilità. L’ho guardata con gesti sicuri, posizionandola esattamente dove volevo.” Adesso dimostrami quanto sei devota, “le ho detto, spingendo la sua testa ancora più in profondità tra le mie gambe. Il contrasto tra la sensazione della sua testa rasata e il mio corpo era così intenso che per un attimo ho chiuso gli occhi, lasciandomi trasportare.

Ogni movimento che faceva era lento, misurato quasi reverenziale. La sua lingua seguiva percorsi che sembravano studiati, ma che in realtà erano pura istintività.

La pressione della sua testa contro di me aumentava, e io affondavo le dita nella sua pelle liscia, accarezzandola, godendo del controllo assoluto che avevo su di lei.

Quando finalmente mi sono lasciata andare, esplodendo in un potente orgasmo, ho sollevato leggermente la sua testa, costringendola a fermarsi. le ho guardato il viso, segnato da sudore e desiderio, i suoi occhi pieni di una devozione che non lasciava spazio ai dubbi. “Brava, salopa,” le ho detto con un sorriso soddisfatto, “ora sai qual è il tuo posto!”

Mi sono alzata, soddisfatta, lasciandola inginocchiata, ancora tremante per tutto ciò che aveva vissuto. Mi sono girata verso lo specchio. Osservando il mio lavoro, e ho sorriso. Lei con voce roca, ha sussurrato un ultimo:” grazie Padrona”.

Io invece, sono rimasto con la forchetta a mezz’aria, fissandola incredulo. Il suo racconto mi aveva totalmente catturato, al punto da farmi dimenticare la fame e persino il tempo, Irene sorrideva soddisfatta, accendendosi un’altra sigaretta. “ azz che storia”, le ho detto, cercando di mascherare l ‘imbarazzo dietro un sorriso malizioso. Lei ha riso, divertita dalla mia reazione, e ha fatto un gesto teatrale con la mano. “Aspetta Vitt, non è finita qui, ho una sorpresa.”

Prima che potessi rispondere, la porta del pub si è aperta, e una donna alta, elegante, con la testa completamente rasata e un trucco impeccabile, è entrata con passo sicuro. I suoi occhi verdi erano ipnotici, e l’aria di superiorità che emanava era in netto contrasto con il suo aspetto umile e obbediente. Si è avvicinata al nostro tavolo, abbassando leggermente la testa “Buonasera Padrona, Buonasera Padrone,” ha detto con voce sommessa, fissandomi con uno sguardo pieno di rispetto. I suoi occhi, verdi e profondi, sembravano scrutarmi, e per un momento ho percepito una deferenza cosi sincera da lasciarmi spiazzato. Non era un gioco, non era un’esibizione. Era autentico.

Irene, accanto a me, sorrideva compiaciuta, incrociando le braccia:” te l’avevo detto Vitt che non era solo una storia,” ha detto con un tono che mescolava provocazione e complicità, studiando ogni mia reazione.

Olga rimase in piedi, composta, con un’eleganza naturale che sembrava contraddire il ruolo che le era stato assegnato.”

“Che ne dici?” Irene continuò, inclinando leggermente la testa verso di me. “Hai voglia di scoprire fino a dove può arrivare questa notte?” Non risposi subito. Cercavo di processare ciò che stava accadendo, il significato di quello sguardo. Di quelle parole. Olga, come se capisse il mio tentennamento, abbassò lievemente gli occhi in un gesto di rispetto, ma senza mai perdere la sua compostezza.

“La macchina è pronta,” disse con una voce tranquilla e sicura, rivolta principalmente a Irene. Poi, voltandosi verso di me, aggiunse con un sorriso enigmatico:” Se decide di unirsi a noi, Padrone.”

Irene si alzò con calma, e mi guardò. “Questa notte potrebbe essere più interessante di quanto immagini.”

Non risposi subito, ma mi alzai con calma, il mio sguardo che sfiorava il suo per un attimo. “Andiamo, “dissi semplicemente, ma con tono che non ammetteva repliche.

Fuori, la Mercedes di Olga ci aspettava. Lei aprì la portiera posteriore con grazia, lasciando che io e Irene prendessimo posto. Una volta a bordo, Irene mi osservò per un attimo, con uno sguardo che parlava più di mille parole: complicità, sfida e un pizzico di curiosità.

“Benvenuto nel nostro mondo, Vittorio,” disse con un sorriso sottile, ma la sua voce portava con sé un invito chiaro, un’anticipazione che non lasciava spazio a dubbi.

Mi sistemai sul sedile, lasciando che la macchina partisse. Non ero lì per caso, e lo sapevo bene. Non era solo curiosità a spingermi, ma una naturale predisposizione a comprendere e guidare situazioni come questa. La dinamica tra di noi si sarebbe definita presto, ma non c’era fretta. La notte era giovane, e ogni cosa avrebbe trovato il suo tempo e il suo spazio. Sapevo leggere l’animo umano, ogni respiro trattenuto, ogni tensione nel corpo. Era una parte naturale di me, non qualcosa che dovevo dimostrare. Non era una sfida, né un confronto. Era una scoperta reciproca, un terreno che avremmo condiviso e plasmato insieme. Mentre la macchina correva nel silenzio della notte, il mio sguardo si alternava tra Irene e Olga. Non ero lì per essere spettatore. Quella notte avrebbe preso forma, e sapevo che in qualche modo sarebbe rimasta impressa in tutti noi.

 ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Questo racconto è basato su una storia originale del Barber. Ho arricchito il testo con dettagli e riflessioni per renderlo ancora più coinvolgente, mantenendo però l'essenza e l'ispirazione originaria."

*Quando la donna sussurra di sentirsi “libera”, si apre uno spiraglio su una realtà complessa e profondamente personale. La libertà, in questo contesto, non è un concetto assoluto né un’esperienza universale. Non tutti trovano libertà nella sottomissione, così come non tutti trovano appagamento nel controllo. Ogni individuo ha un proprio modo di vivere il piacere, l’intimità e l’espressione di sé, e queste dinamiche funzionano solo per chi sente di appartenervi, in un equilibrio unico e irripetibile.

Per chi le vive, queste esperienze non sono mai una fuga dalla quotidianità o dai problemi personali, né un semplice “gioco” privo di significato. Sono piuttosto una ricerca profonda, che tocca corde intime e nascoste. La sottomissione, per alcuni, è la possibilità di mettere da parte il bisogno costante di controllare tutto, di abbandonarsi completamente a qualcun altro, sapendo che quel qualcuno agirà con rispetto, cura e attenzione. È una forma di fiducia radicale, un atto di connessione che permette di esplorare la propria vulnerabilità in modo sicuro e consensuale.

Ma non è solo una questione di libertà dalla responsabilità. È anche un modo di scoprire nuove parti di sé, di mettersi in gioco in un contesto che rompe le regole della quotidianità e consente di vivere qualcosa di unico. Per altri, invece, la libertà si trova nel ruolo opposto: nel dominare, nel prendersi cura di chi si affida, nell’assumersi il carico emotivo e psicologico di guidare un’esperienza così intensa.

 Queste esperienze non hanno nulla di universale, nulla di facile da spiegare o da replicare. Non si tratta di evadere, ma di scegliere consapevolmente di vivere una dinamica che risponde a desideri profondi e personali. È un linguaggio dell’anima che non può essere compreso appieno da chi non lo parla, ma che è meravigliosamente significativo per chi lo vive. È libertà, sì, ma di un tipo speciale: la libertà di essere pienamente se stessi, anche in modi che il mondo non sempre capisce o accetta. *

 

*Salopa: Ha 2 significati: uno è porcellina" l'altro "puttana dal francese Salop

mercoledì 18 dicembre 2024

Comunicare con chiarezza


Oggi vorrei condividere qualche riflessione di stampo “e-boomer”. Sto rileggendo vecchi scritti, miei e del mio compagno, il Barber, e mi rendo conto di aver abusato in passato dei puntini di sospensione. All’epoca mi sembrava una specie di pausa poetica, un invito a fermarsi e immaginare tutto ciò che non veniva detto. 
Ora, però, rivedendo quei testi, li trovo fastidiosi, una sorta di rumore grafico che spezza il ritmo, rendendo la lettura meno scorrevole. Mi sono chiesta perché ci cadevo io, e perché ci cadeva anche il Barber. Forse era il nostro modo di dire:” Ehi, c’è ancora molto da esprimere, ma non so se voglio o posso dirlo adesso”. 
Una timidezza digitale, una riserva non verbalizzata. E’ un po’ come la moda della “K” al posto della ”c” che imperversava anni fa. Un fenomeno che a ripensarci non ha una vera ragione d’essere, se non la ricerca di un codice distintivo, una lingua segreta (ma non troppo) per sentirsi parte di un gruppo. Alla fine, era forse anche lì una questione di appartenenza, di segni di riconoscimento. Se ci fermiamo a guardare indietro, non solo nei nostri testi ma nei nostri atteggiamenti, ci accorgiamo di quanti comportamenti risultassero fastidioso o immaturi. Forse in passato non ci mettevamo veramente in discussione per mancanza di esperienza, di maturità o semplicemente perché non eravamo pronti ad accettare critiche. Spesso, quando qualcuno ci faceva notare un errore, reagivamo sulla difensiva, quasi a proteggere un’immagine di noi stessi che non volevamo mettere in dubbio. Crescere però significa proprio questo: imparare ad ascoltare, a migliorare e a lasciare andare vecchie abitudini. Con il tempo ho imparato che una comunicazione semplice e diretta funziona meglio. Questo vale in generale, ma soprattutto in certi contesti più delicati. Nel BDSM, ad esempio, la chiarezza è fondamentale: non ci sono puntini di sospensione nel definire i propri limiti, confini o nell’esprimere i desideri. Ogni parola conta, ogni segnale dev’essere chiaro e rispettato. 
Non è una questione di essere “boomer”o meno, ma di garantire una relazione consapevole, in cui ognuno sappia cosa l’altro vuole e può dare. Ecco perché cerco di essere sempre limpida nella comunicazione, non per seguire le mode, ma per raggiungere meglio chi legge. S
e avete domande su questo percorso di comprensione, se volete sapere di più sul BDSM o semplicemente chiarire dubbi, potete scrivermi all’indirizzo: larosadeisensi@gmail.com. Parlare apertamente è il primo passo per approfondire e comprendere meglio qualsiasi tema. Nessuna domanda è sciocca: la conoscenza e il confronto aperto ci aiutano ad evolvere, a capire meglio noi stessi e gli altri, e magari evitare quei “puntini di sospensione” che non servono più Chissà, forse avremmo dovuto trattare i puntini di sospensione con la stessa consapevolezza: un segnale da usare con attenzione, non un orpello ripetuto all’infinito. Oggi provo a scrivere in modo più diretto, meno criptico e meno punteggiato. Forse sto crescendo, cambiando, anche se il passare del tempo mi regala qualche titolo non richiesto (boomer, vecchia, e simili). Va bene così. E’ un segnale che ho attraversato più fasi, che ho sperimentato vari linguaggi, e che continuo a mettermi in discussione.
D’altronde, sperimentare fa parte dell’essere umani.

Lady Altea 

martedì 10 dicembre 2024

Bigodini, mantelline e rasature un tuffo nel feticismo del capello

 


Oggi voglio parlarvi di un aspetto davvero affascinante e un po’ misterioso del feticismo, che magari non tutti conoscono ma che è molto più diffuso di quanto si pensi: il feticismo del capello. È una branca molto interessante, come tutte le forme di feticismo, è vastissima e comprende molte sfumature.

Il feticismo del capello è un’attrazione sessuale o estetica verso i capelli, che può manifestarsi in molti modi. Alcuni amano i capelli lunghi e fluenti, altri sono attratti dalle acconciature particolari o dal trattamento dei capelli. I capelli sono spesso associati a una forte componente emotiva: per molte persone, sono il simbolo della bellezza, della femminilità, della sensualità, ma anche della vulnerabilità. Ogni persona può avere una preferenza specifica, che sia la lunghezza, il colore o lo stile dei capelli, e questa passione può estendersi anche alla manipolazione o al trattamento dei capelli del partner.

Ecco alcune varianti più comuni di questo feticismo:

Lunghezza dei capelli: Alcuno feticisti sono attratti dai capelli lunghi, spesso associati a un’idea di sensualità e libertà. Altri, invece, preferiscono i capelli corti, che possono rappresentare un’idea di forza o di trasformazione.

Tagli estremi o radicali: Il taglio dei capelli può essere vissuto come un atto di sottomissione o di liberazione. Alcuni feticisti adorano vedere il cambiamento radicale, come una rasatura o un taglio corto deciso, che può essere, a volte, un atto di potere da parte dei partner dominanti.

Acconciature o stili particolari: Ci sono anche quelli che amano particolari acconciature, come trecce o uso dei bigodini. Per alcuni, il vedere i capelli trasformarsi in un’acconciatura sofisticata o giocosa è un atto di sensualità e seduzione.

Trattamento dei capelli Il lavaggio: La cura, il pettinarsi e il massaggio ai capelli sono atti che possono essere molto intimi e carichi di significato. Il trattamento dei capelli può essere un modo per entrare in contatto con il corpo dell’altro, senza necessariamente legarlo al sesso, ma a una connessione più profonda.

Il feticismo del capello nel contesto BDSM

Nel mondo del BDSM, il capello assume un ruolo particolare, spesso legato a dinamiche di potere e controllo. Ecco alcune pratiche comuni:

Dominazione e sottomissione: In alcune dinamiche BDSM, il taglio dei capelli diventa un atto di controllo. Il partner dominante può decidere di tagliare i capelli del sottomesso, oppure di manipolarli, come segno di possesso o trasformazione.

Adorazione dei capelli: Alcuni sottomessi provano un senso di piacere profondo nell’essere trattati con cura o venerati per i loro capelli. Adorare i capelli di un dominante può essere un atto di devozione.

Capelli come simbolo di potere: L’atto di tagliare, acconciare o anche semplicemente sfiorare i capelli può diventare simbolico in un contesto di potere, dove l’aspetto fisico e la cura dei capelli assumono un significato profondo e carico di emozioni.

 

I capelli non sono solo un elemento estetico: per molte persone, sono profondamente legati all’identità e all’autostima. Tagliare i capelli o modificarli può essere visto come un atto liberatorio o di trasformazione, un modo per esprimere il proprio potere.

Il feticismo del capello è un mondo ricco di sfumature e di significati, dove l’aspetto estetico e psicologico si fondono. E’ una parte di un universo più grande di piacere e preferenze, che coinvolge la bellezza, la sensualità, ma anche il potere e la trasformazione

Nota importante: quello che ho condiviso in questo post è il frutto di esperienze personali, conversazioni e confronti avuti con appassionati e feticisti del mondo dei capelli. È un mondo vasto e complesso, con mille sfumature che possono variare da persona a persona, Ciò che leggete qui rappresenta solo una parte di questo universo affascinante

E’ fondamentale sottolineare, però, che queste pratiche avvengono sempre con consenso reciproco. Nel momento in cui si stabilisce un legame di questo tipo, entrambe le parti sono consapevoli e concordano sui limiti e sulle azioni che possono essere intraprese. Forzare una trasformazione non consensuale, come tagliare drasticamente i capelli di una persona che ama portarli lunghi, non è solo una violazione del consenso, ma costituisce un atto di violenza.

Il mondo del fetish è vasto e complesso, una galassia di desideri che abbraccia molteplici sfumature della sessualità umana. Dai feticismi più comuni, come quelli sei piedi, a quelli meno noti dei palloncini, questo universo racchiude un'infinità varietà di preferenze che riflettono la creatività e la diversità delle esperienze umane.

Ma dove si trova  il confine tra gioco e patologia? Il piacere feticistico, quando vissuto in un contesto consensuale e rispettoso,, è parte di una sessualità sana e positiva. Può diventare problematico se sfocia in ossessioni che interferiscono con la vita quotidiana, le relazioni o il benessere emotivo. E' qui che entra in gioco l'importanza di una riflessione consapevole, in alcuni casi, di un supporto psicologico, parlare apertamente con un professionista aiuta non solo a comprendere meglio le proprie inclinazioni, ma anche a gestirle in modo che arricchiscano la vita, piuttosto che limitarla. 

Ogni feticismo ha una storia, un significato e una psicologia che meritano di essere compresi. Esplorare con curiosità, senza giudizio, può aiutarci a comprendere meglio il mondo del fetish e, più in generale la complessità dell'essere umano.

Se avete dubbi, curiosità o volete approfondire qualche aspetto del mondo BDSM, non esitate a scrivermi. Darò il mio aiuto nel limite delle mie competenze e conoscenze.

Lady Altea



venerdì 6 dicembre 2024

Amare senza giudicare: come affrontare la scoperta del BDSM in coppia




Recentemente ho avuto una conversazione che mi ha fatto riflettere profondamente. Una ragazza, che non fa parte del mondo BDSM e che conosce poco o nulla di questo universo, mi ha chiamata per chiedere informazioni, per avere dei consigli. Il suo compagno le aveva appena confessato di avere delle pulsioni BDSM e lei, desiderosa di capire meglio, si è presa del tempo per riflettere su come affrontare questa nuova realtà. Voleva sapere come esplorare insieme a lui senza temere di perdere la stima che prova per quest’uomo e per il loro rapporto. Una delle sue domande mi ha colpito particolarmente: “ e se, facendo queste cose, non riuscissi più a vederlo con gli stessi occhi?                                                                                              

La sua paura è comprensibile, e mi ha spinto a riflettere su come il BDSM venga spesso frainteso e, troppo spesso, giudicato senza conoscerlo. Ciò che segue è una riflessione che nasce proprio da quella chiacchierata, scritta come se stessi parlando direttamente a lei, nella speranza che possa arrivare dritto al cuore di qualcuna o qualcuno che si trovi in una situazione simile.

“Sai, la tua chiamata mi ha colpito profondamente. Pochissime persone avrebbero il coraggio di fare quello che hai fatto tu: fermarsi, ascoltare, cercare di capire qualcosa che per loro è del tutto nuovo. Già solo questo è un segno di quanto ami il tuo compagno e di quanta voglia hai di costruire qualcosa insieme. E’ un gesto che parla di rispetto, di apertura, di desiderio di non giudicare prima di sapere. Comprendo le tue paure. E’ naturale averne, soprattutto quando ci troviamo di fronte a qualcosa che non conosciamo. Hai detto una frase che mi è rimasta dentro:” E se facendogli quelle cose io poi lo vedessi con occhi diversi? Se perdessi la stima che ho di lui?” Lascia che ti dica una cosa; questi dubbi sono normali, ma spesso nascono da un’immagine distorta che abbiamo del BDSM. Ci hanno raccontato questo mondo come se fosse solo legato all’estremo, al deviante, a qualcosa di oscuro. In realtà, quello che io ho imparato è che il BDSM, quello autentico, è prima di tutto un modo di comunicare, di fidarsi l’uno dell’altro, di esplorare con rispetto e consenso. Non c’è nulla di sporco o sbagliato nel desiderare o nel chiedere, se entrambe le persone sono in sintonia e trovano terreno comune. Prendiamo l’esempio dello strapon che hai citato. Può sembrare qualcosa di lontanissimo dal tuo immaginario, è forse lo è davvero. Ma dietro quel desiderio non c’è la volontà di rovesciare i ruoli o perdere la “mascolinità”.  C’è, invece, il bisogno di esprimere una parte di sé, di sentirsi liberi di mostrarsi vulnerabili o di sperimentare. E sai una cosa? Mostrarsi vulnerabili non è mai una debolezza, è un atto di coraggio, e anche chi lo permette ha una forza enorme.

Ma non ti sto dicendo che devi accettare tutto o che devi fare cose che non ti senti di fare. Il BDSM, come ogni altra cosa in una relazione, deve essere costruito insieme, rispettando i limiti di entrambi. Non sei obbligata a fare nulla che non risuoni con te, ma quello che puoi fare è fermarti e ascoltare. Cercare di capire non vuol dire cambiare chi sei, ma potrebbe permetterti di vedere il tuo compagno da un’altra prospettiva, più profonda, più autentica. E se proprio senti che qualcosa ti fa paura, prenditi il tuo tempo. Non c’è fretta. Questo è un viaggio che si fa insieme, un passo alla volta. Leggi, informati, chiedi non aver mai timore di fare mille domande, parlane con lui. Capire perché desidera certe cose non significa perderlo, ma forse scoprire lati di lui che non avevi mai visto. E, in fondo, non è anche questa una forma d’amore? Permettimi di dirti un’ultima cosa: amare qualcuno non significa accettare ogni parte di lui o di lei senza esitazioni. Significa anche essere sinceri cu ciò che possiamo o non possiamo fare. Se alla fine di questo percorso sentirai che certe cose non fanno per te, non avrai fallito. Avrai avuto il coraggio di conoscere, di esplorare, di andare oltre i tuoi limiti. E questo è già qualcosa di straordinario. Se vuoi, sono qui. Non hai bisogno di avere tutte le risposte subito, ma possiamo parlarne ancora, insieme.

Una cosa che consiglio sempre, e che credo sia fondamentale, è di non forzare mai una situazione. Se c’è curiosità, è bello esplorarla insieme, ma deve essere sempre un passo naturale. La forzatura, nel BDSM come in qualsiasi altra parte di una relazione, porta inevitabilmente a una frattura. La curiosità può essere un bellissimo motore di crescita reciproca, ma non bisogna mai fare qualcosa solo ed esclusivamente per il piacere dell’altro, specialmente se dentro di sé non si è pronti o non si sente quella spinta autentica. Se non c’è interesse, va benissimo così. È importante che ognuno rimanga fedele ai propri desideri e confini, per non rischiare di compromettere l’autenticità della relazione e il rispetto che deve esserci tra i due.

In definitiva, il BDSM, come ogni altra esplorazione del desiderio, deve essere un cammino condiviso, fatto di fiducia, di comunicazione e rispetto reciproco. Se entrambi i partner sono disponibili a esplorare, è fondamentale farlo in modo graduale, senza fretta e senza forzature, rispettando i propri confini e desideri. Solo cosi si può davvero costruire una relazione che sia soddisfacente, autentica e duratura. L’importante è che, alla fine, entrambe le persone siano sempre a loro agio e si sentano libere di essere se stesse, senza mai sacrificare il rispetto reciproco e l’amore che ci unisce.

Lady Altea

giovedì 28 novembre 2024

La lucidità prima di tutto

 


Oggi uno schiavo mi ha chiesto di poter bere un bicchiere di vino prima di una sessione, ho detto no senza esitazioni. non è stata una risposta dettata dalla rigidità, ma dalla consapevolezza di essere completamente presenti, sia fisicamente che mentalmente.

Il BDSM richiede attenzione, controllo e una connessione profonda. Anche il più piccolo dettaglio può fare la differenza tra un'esperienza appagante e una situazione rischiosa. L'alcool o qualsiasi altra sostanza che altera la percezione, mina questo equilibrio delicato. La sicurezza viene prima di tutto: essere lucidi significa ridurre i rischi e garantire che ogni gesto e decisione siano consapevoli. C'è poi la questione del consenso, un elemento imprescindibile in questo mondo. Ma il consenso deve essere dato in modo chiaro, da una mente completamente presente. Non voglio che un  venga da uno stato di euforia temporanea, ma da una comprensione autentica di ciò che accadrà. Per creare quella tensione emotiva e quella connessione cosi particolare che amo in una sessione, è necessario che entrambe le parti siano concentrate al 100%. Solo così si può cogliere ogni sfumatura, ogni gesto, ogni emozione. L'alcool, in questo senso, diventa un ostacolo: allontana dal momento, anziché avvicinarci. Ho la responsabilità e il benessere di chi si affida a me. Essere una Mistress significa prendersi la responsabilità del benessere di chi si affida a me. Lasciare che qualcuno inizi a giocare non del tutto lucido significherebbe venir meno a questo ruolo, a quello che rappresento. Il BDSM, per come lo vivo io, non è un’evasione dalla realtà, ma un’esperienza da affrontare con serietà, rispetto e un coinvolgimento totale. Ed è proprio questo che lo rende così unico e potente.                                  

Ripeto spesso alcune parole tra cui: consapevolezza e connessione perché sono i pilastri di tutto ciò che per me ha valore. La consapevolezza ci permette di capire chi siamo e cosa vogliamo davvero, mentre la connessione dà senso alle nostre relazioni con gli altri e con il mondo. Non è un caso, ma una scelta: ribadire questi concetti significa mettere l’accento su ciò che considero essenziale, sia nella vita che in ogni riflessione che condivido.

Lady Altea

lunedì 25 novembre 2024

La paura è normale, anzi è sana!!

 

IL BDSM deve essere vissuto con consapevolezza e rispetto. la paura è una risposta sana in un contesto in cui si esplorano emozioni e limiti profondi.


Quando ci si avvicina al BDSM, soprattutto per la prima volta, la paura è una reazione del tutto naturale. Questo non solo perché il mondo che si sta per esplorare può sembrare sconosciuto, ma anche perché il BDSM implica una vulnerabilità che non tutti sono pronti ad affrontare. La paura di perdere il controllo, la paura di fare qualcosa di sbagliato o di trovarsi in una situazione che non ci si aspetta, è una risposta umana e sana.

La paura diventa ancora più rilevante quando ci si trova di fronte a una persona che non si conosce ancora bene, qualcuno che avrà accesso ai nostri limiti più profondi, sia fisici che psicologici. Ed è proprio in questa paura che si trova il seme della consapevolezza. Temere di non sapere come reagire, di non conoscere le dinamiche o di non riuscire a comunicare chiaramente le proprie necessità, è una parte intrinseca di ogni nuova esperienza.

Ma questa paura, non deve essere un ostacolo, è un segno di rispetto. E' la paura di non voler far male a se stessi o agli altri, la paura di non comprendere appieno ciò che si sta vivendo. Quando si avvicina una persona con una mente aperta e onesta, la paura diventa uno strumento che aiuta a mantenere i propri limiti chiari e ben definiti. E' sano avere paura ti fa essere più attento, più consapevole di ciò che stai facendo e ti spinge a comunicare meglio. 

Nel contesto del BDSM, la paura non significa debolezza o mancanza di coraggio, ma piuttosto una consapevolezza sana e necessaria. È solo quando si riconosce la propria paura e la si affronta che si può davvero avventurarsi in un viaggio di scoperta sicuro e rispettoso. È un segno che si sta trattando l'esperienza con il giusto riguardo, e che si comprende che il BDSM non riguarda solo il fisico, ma anche la mente e le emozioni. La paura è parte del percorso, e anzi, è un segno che stai vivendo il processo in modo autentico. La paura non è qualcosa da evitare, ma qualcosa da abbracciare, perché è proprio dalla paura che nasce la consapevolezza di ciò che si desidera veramente e ciò che si è disposti ad esplorare.

In conclusione la paura non è un nemico, ma una guida preziosa. È il primo passo verso la conoscenza di sé e l’apertura verso l’altro, un invito ad ascoltarsi e a comunicare con onestà. Abbracciare questa emozione, invece di respingerla, permette di trasformare ogni esitazione in un momento di crescita e consapevolezza, Perché il vero coraggio non sta nell’assenza di paura, ma nella capacità di affrontarla con rispetto, fiducia e mente aperta.

Con affetto Lady Altea


venerdì 22 novembre 2024

12 novembre


Ogni incontro è diverso, anche se i gesti sembrano simili. Non è mai solo il movimento, il comando o il gesto esteriore. C'è una connessione invisibile, costruita su fiducia e rispetto, qualcosa che chi osserva dall'esterno spesso non capisce.                                                                     

 Oggi qualcuno mi ha chiesto come riesco a fare quello che faccio senza sentirmi "strana"... ho sorriso.    La verità è che niente di quello che faccio mi sembra una perversione o un'alterazione della realtà. Al contrario, è come se il BDSM fosse uno specchio, uno spazio sicuro in cui le maschere cadono, dove ciascuno è libero di mostrare la propria essenza, senza vergogna.In questo mondo non si tratta di sofferenza o di semplice obbedienza. È un gioco di ruoli, si, ma un gioco dove il rispetto è la prima e ultima regola. Ogni parola, ogni movimento, è accordato, concordato, come un patto antico. So dove si fermano i miei limiti e i suoi, e insieme li rispettiamo. non si tratta mai di sopraffazione o abuso, ma di complicità.                                                             

 A chi pensa che sia follia, rispondo che il vero potere è capire e comprendere i confini di chi ti sta di fronte e non oltrepassarli mai. È qui che trovo la mia sicurezza, in questa chiarezza assoluta. nel sapere che ogni mio gesto nasce da una scelta e che lui si fida di me, perché sa che non lo porterei mai in un territorio che non conosciamo entrambi.

Il BDSM, per come lo vivo io, è un luogo di verità. È il coraggio di guardarsi dentro, di affrontare le proprie ombre e di uscirne con una luce nuova. Non c'è nulla di caotico o di sregolato. Al contrario, è la forma di ordine più assoluta che conosca. Il BDSM è per me un terreno di autenticità e intesa, più che un'idea stereotipata o una semplice dinamica di potere.


Tra silenzi e ritorni

 


Sono passati molti anni dall'ultima volta che ho scritto qui. A volte la vita ci allontana dai luoghi e dalle persone che sentivamo parte di noi, seguendo motivi che ci sfuggono o strade impreviste che si aprono davanti. È successo anche a me.

Ci sono stati momenti in cui mi sono chiesta se tornare, se riprendere queste pagine lasciate sospese. Ogni volta, però, mi dicevo che forse il momento non era quello giusto, o forse non lo ero io. Ora, però, sento che è il momento di ricominciare da qui, di ritrovare quella voce rimasta in attesa.

 

Non è un nuovo inizio, ma un ritorno. Torno alle riflessioni, ai racconti, alle pagine scritte e a quelle ancora da scrivere. Mi rivolgo a chi mi ha seguito allora e a chi, forse, scoprirà queste pagine per la prima volta. Voglio riprendere il discorso, continuando il cammino esattamente dove l'avevo interrotto.

 

Scrivere, per me, è un atto di verità e di condivisione, un modo per dare voce a quella parte di noi che spesso rimane celata. Questo blog sarà uno spazio per esplorare e mettere a nudo l'essenza più intima di chi vive il BDSM (sadomaso), un luogo di riflessione, condivisione e scambio.

 

E' doveroso precisare che ciò che scrivo nasce dalla mia esperienza personale e dalle storie che ho avuto l'onore di ascoltare nel corso degli anni. Le riflessioni che condivido qui sono il frutto di conversazioni e incontri con persone e coppie che mi hanno aperto una finestra sulla loro intimità. Non sono una psicologa né una professionista della salute mentale. Ciò che condivido è il risultato esclusivo delle esperienze che ho vissuto e dei racconti che mi sono stati affidati.

 

Vi invito a leggere queste parole come un punto di vista personale, con il rispetto e l’empatia che ogni esperienza reciproca di sé merita.

 

Si ricomincia, buona lettura

 

Lady Altea


Il mio pensiero sulla money slavery: più di un gioco

  La Money Slavery è una delle pratiche più incomprese del BDSM, spesso liquidata come un capriccio o un gioco perverso. Eppure, dietro qu...