mercoledì 18 dicembre 2024

Comunicare con chiarezza


Oggi vorrei condividere qualche riflessione di stampo “e-boomer”. Sto rileggendo vecchi scritti, miei e del mio compagno, il Barber, e mi rendo conto di aver abusato in passato dei puntini di sospensione. All’epoca mi sembrava una specie di pausa poetica, un invito a fermarsi e immaginare tutto ciò che non veniva detto. 
Ora, però, rivedendo quei testi, li trovo fastidiosi, una sorta di rumore grafico che spezza il ritmo, rendendo la lettura meno scorrevole. Mi sono chiesta perché ci cadevo io, e perché ci cadeva anche il Barber. Forse era il nostro modo di dire:” Ehi, c’è ancora molto da esprimere, ma non so se voglio o posso dirlo adesso”. 
Una timidezza digitale, una riserva non verbalizzata. E’ un po’ come la moda della “K” al posto della ”c” che imperversava anni fa. Un fenomeno che a ripensarci non ha una vera ragione d’essere, se non la ricerca di un codice distintivo, una lingua segreta (ma non troppo) per sentirsi parte di un gruppo. Alla fine, era forse anche lì una questione di appartenenza, di segni di riconoscimento. Se ci fermiamo a guardare indietro, non solo nei nostri testi ma nei nostri atteggiamenti, ci accorgiamo di quanti comportamenti risultassero fastidioso o immaturi. Forse in passato non ci mettevamo veramente in discussione per mancanza di esperienza, di maturità o semplicemente perché non eravamo pronti ad accettare critiche. Spesso, quando qualcuno ci faceva notare un errore, reagivamo sulla difensiva, quasi a proteggere un’immagine di noi stessi che non volevamo mettere in dubbio. Crescere però significa proprio questo: imparare ad ascoltare, a migliorare e a lasciare andare vecchie abitudini. Con il tempo ho imparato che una comunicazione semplice e diretta funziona meglio. Questo vale in generale, ma soprattutto in certi contesti più delicati. Nel BDSM, ad esempio, la chiarezza è fondamentale: non ci sono puntini di sospensione nel definire i propri limiti, confini o nell’esprimere i desideri. Ogni parola conta, ogni segnale dev’essere chiaro e rispettato. 
Non è una questione di essere “boomer”o meno, ma di garantire una relazione consapevole, in cui ognuno sappia cosa l’altro vuole e può dare. Ecco perché cerco di essere sempre limpida nella comunicazione, non per seguire le mode, ma per raggiungere meglio chi legge. S
e avete domande su questo percorso di comprensione, se volete sapere di più sul BDSM o semplicemente chiarire dubbi, potete scrivermi all’indirizzo: larosadeisensi@gmail.com. Parlare apertamente è il primo passo per approfondire e comprendere meglio qualsiasi tema. Nessuna domanda è sciocca: la conoscenza e il confronto aperto ci aiutano ad evolvere, a capire meglio noi stessi e gli altri, e magari evitare quei “puntini di sospensione” che non servono più Chissà, forse avremmo dovuto trattare i puntini di sospensione con la stessa consapevolezza: un segnale da usare con attenzione, non un orpello ripetuto all’infinito. Oggi provo a scrivere in modo più diretto, meno criptico e meno punteggiato. Forse sto crescendo, cambiando, anche se il passare del tempo mi regala qualche titolo non richiesto (boomer, vecchia, e simili). Va bene così. E’ un segnale che ho attraversato più fasi, che ho sperimentato vari linguaggi, e che continuo a mettermi in discussione.
D’altronde, sperimentare fa parte dell’essere umani.

Lady Altea 

lunedì 16 dicembre 2024

Educazione: un valore dimenticato o mai acquisito?

 


Rispetto e potere: la realtà di una prodomme

La parola prodomme deriva dall’unione del prefisso “pro”, che indica professionalità, e del termine francese “domme”, abbreviazione di dominatrix, ossia dominatrice, racchiude in sé il peso di un ruolo antico e moderno allo stesso tempo. Questo termine identifica una figura che padroneggia l’arte della dominazione consapevole, guidando il gioco psicologico ed emotivo del mondo BDSM. Non è solo un’etichetta, ma un ruolo che richiede competenza, conoscenza delle tecniche, e una profonda comprensione delle dinamiche umane. Difficile ridurre ad un’unica definizione.

Per alcuni è un sogno irraggiungibile, per altri il riflesso delle proprie fantasie più intime, ma per tutti dovrebbe essere una realtà da avvicinare con rispetto. Essere una prodomme significa molto di più che padroneggiare tecniche raffinate o soddisfare richieste specifiche: significa guidare, entrare nella profondità della mente di chi si affida a lei, e farlo con eleganza, equilibrio e una conoscenza profonda delle dinamiche psicologiche che rendono il BDSM qualcosa di unico.

Non è un lavoro per chi cerca scorciatoie o guadagni facili. La prodomme non si limita ad eseguire, ma costruisce un mondo dove ogni gesto, ogni parola e ogni silenzio hanno un significato. Purtroppo però, c’è chi si avvicina a lei con superficialità, mosso da un’idea sbagliata del ruolo, cercando solo pratiche fisiche o, peggio ancora, trattandola con una maleducazione sconcertante. Appellativi come: “ciao bella”, “tesoro”, “cucciola”, “principessa”, richieste dirette e irrispettose come” quanto prendi”? senza un saluto e nessuna presentazione, non solo sono inappropriati: sono uno schiaffo al lavoro e alla dedizione che questa figura incarna.

Ecco perché è importante ribadire che una prodomme non si offre per prestazioni sessuali. La sua essenza risiede nell’essere l’oggetto del desiderio mai esaudito, una guida che domina con la mente prima che con il corpo. Non è una escort, e il suo lavoro, pur condividendo con quello delle sex worker il rispetto che entrambe meritano, si muove su binari completamente differenti. La profomme non soddisfa fisicamente nel senso tradizionale. Piuttosto, alimenta la fantasia, stabilisce i limiti, e crea un rapporto basato sull’attenzione, sulla curiosità e sul mistero. Sebbene non offra il suo corpo per il piacere sessuale, il suo potere e controllo fisico possono comunque suscitare una risposta fisica dello schiavo, come la scarica dovuta al dolore o alla privazione, ma sempre entro i confini stabiliti, senza che ci sia mai un coinvolgimento diretto.

È importante ricordare che il rispetto deve essere dato a tutte le persone, a prescindere dalla loro professione, che si tratti di una prodomme, una sex worker o qualsiasi altro ruolo. Ogni essere umano merita attenzione, educazione e cortesia. Sminuire un lavoro che può portare sollievo o soddisfazione fisica e psicologica è un atto di mancanza di rispetto che va oltre il comportamento di chi lo svolge, ma riflette anche una visione distorta dell’umano e della dignità. Se ci si presenta in modo rispettoso, l’atteggiamento della persona dall’altra parte sarà inevitabilmente più propenso alla reciprocità, creando così un’interazione più aperta e genuina. Al contrario, un approccio maleducato o superficiale non solo denota una mancanza di rispetto, ma rende difficile instaurare qualsiasi tipo di rapporto, anche se temporaneo, e compromette ogni possibilità di confronto costruttivo.

Non tutti cercano un rapporto profondo o una connessione emotiva con una prodomme. Alcuni desiderano esclusivamente pratiche specifiche, come il bondage, il clinical o il travestitismo, o altre pratiche mirate e questo è legittimo, ma deve avvenire sempre nel rispetto della figura con cui si sta interagendo. Ogni interazione con una prodomme dovrebbe essere un incontro tra desideri e confini, un gioco di ruoli che si fonda su rispetto, educazione e consapevolezza.

Non è facile parlare di questa professione senza rischiare di offendere altre categorie o senza che alcune persone si sentano fraintese, in un mondo ancora per molti sconosciuto o frainteso, riuscire a spiegare in poche parole un concetto così complesso è una sfida. Sarebbe bello se tutti, indipendentemente dal loro ruolo o dalla loro professione, imparassero a trattare il prossimo con rispetto e ad affrontare questi argomenti con apertura mentale, per superare finalmente le incomprensioni.

Ammetto che ci sia una certa amarezza nel dover continuamente spiegare e ribadire cosa sia e cosa non sia il ruolo di una prodomme, quando tutto si riduce alla mancanza di educazione e empatia, Ciò che dovrebbe essere scontato, come un semplice “buongiorno “o “buonasera2, o l’uso di un linguaggio rispettoso, sembra essere dimenticato da molti. La base di ogni relazione, anche professionale, è la CORTESIA: che si tratti di una prodomme o di qualsiasi altra figura, la maniera di approcciarsi è fondamentale. Dire:” ciao quanto prendi?” è una manifestazione di mancanza di rispetto. La stessa educazione che si deve ad un qualsiasi altro professionista o PERSONA!!! Un semplice:” Buongiorno, mi chiamo Marco, vorrei avere maggiori delucidazioni in merito al tuo annuncio”, rende qualsiasi dialogo più civile, aperto e rispettoso: La differenza tra un incontro che si basa su un servizio, risiede proprio in questa attenzione al prossimo!

Nel 2024, mi ritrovo a dover ribadire concetti che dovrebbero essere scontati, come l’importanza dell’educazione e del rispetto nelle interazioni con gli altri, anche in contesti professionali. È davvero sorprendente come, nonostante l’evoluzione della società, ci sia ancora bisogno di spiegare l ‘importanza di approcciarsi con cortesia, empatia e attenzione. Questo, purtroppo, non solo rallenta il nostro progresso, ma mina anche la qualità dei nostri rapporti umani, che dovrebbero essere sempre improntati alla dignità e al rispetto reciproco. Mi auguro che questo post possa contribuire a sensibilizzare su quanto sia fondamentale trattarsi con rispetto, in ogni contesto, perché alla fine, la gentilezza e l’educazione non sono mai troppi.

Lady Altea

mercoledì 11 dicembre 2024

Frammenti di un legame

 

"Questo frammento di storia è ispirata ad un incontro reale che ho vissuto con un mio schiavo, una persona con cui avevo costruito un legame. Non si tratta di amore, almeno non nel senso tradizionale del termine. Io amo il mio compagno, e il mio schiavo ama sua moglie. Non c’è tradimento, non c’è inganno: ciò che ci univa era un’altra forma di connessione, più vicina alla fiducia assoluta e al rispetto profondo che all’innamoramento tanto decantato. Quello che accadeva tra di noi vive in un territorio diverso, fatto di scambi emotivi, silenzi carichi di significato, e un’intesa che non aveva bisogno di parole per esistere.                                                                   Oggi, lui ha preso un’altra strada e non ci vediamo più. Non c’è amarezza in questa separazione: ciò che rimane è un bel ricordo, un frammento di un cammino che abbiamo percorso insieme, e che porterò sempre con me."

 

Le mie sensazioni:

Ci sono giorni in cui il mondo sembra rallentare, come se aspettasse un mio gesto, una mia decisione. Oggi è stato uno di quei giorni.

Il mio schiavo venuto da me come sempre, con quello sguardo che oramai conosco fin troppo bene: desideroso e remissivo, pieno di attesa. In questi momenti, tutto è semplice. Sono io che guido, io che stabilisco ogni confine e ogni passo. Non è solo questione di dominio; è una danza, un equilibrio perfetto che solo noi due possiamo capire. Io conosco i suoi pensieri, prima ancora che li esprima. Lui si affida a me come al filo sottile di cui ha bisogno per sentirsi intero. Quando si è inginocchiato davanti a me, ho sentito quella calma avvolgermi come una certezza. Nessun dubbio, nessuna esitazione. È mio, e quella consapevolezza mi completa tanto quanto completa lui. Non ho mai cercato potere per riempire un vuoto o per paura della mia solitudine. È solo il mio modo di stare al mondo, la mia verità.

Fuori è sceso il buio, eppure non avevo fretta di chiudere l’incontro, C’era qualcosa di perfetto di completo in quell’attimo. Dopo che lui è andato via, sono rimasta lì, sulla poltrona, a fissare le ombre che si allungavano sulle pareti. A volte penso di essere io stessa un’ombra che vive ai margini della luce, non perché mi nasconda, ma perché so quanto mi appartenga quel confine, il mio territorio. Domani sarà un altro giorno, un altro gioco, ma in ogni cosa che faccio c’è la mia verità.

Le sue sensazioni:

Quando sono arrivato dalla mia Padrona, avevo il cuore che batteva forte. Ogni volta è così, eppure non riesco a farci l’abitudine. Mi sono inginocchiato davanti a lei con la testa bassa, ma il mio corpo intero gridava la mia appartenenza. È un sollievo, ogni volta. Appartenerle mi libera da quel caos che spesso sento dentro.

Lei non ha bisogno di parlare troppo: basta uno sguardo per farmi capire cosa vuole da me. Il suo controllo su di me non è mai una forzatura; è come una mano che mi guida al centro di me stesso, dove non riuscirei mai ad arrivare da solo. In questi momenti sento di non aver peso, come se il mondo fuori da quella stanza smettesse di esistere. Non sono io a decidere niente, ma non importa. Lei mi possiede, e questo è tutto ciò di cui ho bisogno.

Quando mi ha guardato negli occhi, ho sentito che mi vedeva davvero, più di quanto io riesca a vedere me stesso. E quando mi ha dato il permesso di andarmene, ho provato quella fitta, quel vuoto che mi ricorda quanto dipendo da lei. Ma è una dipendenza che mi dà forza, che mi rende più vero.

Mentre tornavo a casa, pensavo a lei che rimaneva nella stanza, immersa nelle ombre. Mi piace immaginarla lì, ferma, intoccabile, come qualcosa di eterno. È la mia certezza, la mia Padrona.

BDSM non significa tutto. E non significa tutti.

C’è una convinzione diffusa che, se qualcuno si avvicina al mondo del BDSM, debba necessariamente accettarlo nella sua totalità. Come se fos...