domenica 5 gennaio 2025

Il Cast fetish: tra gioco, estetica e rispetto

 

La curiosità è un motore potente, capace di portarci in mondi che non avremmo mai immaginato. E’ ciò che mi è successo quando mi sono avvicinata al mondo dell’ingessatura e delle fasciature come forma di gioco. All’inizio, era una semplice ricerca: volevo capire. Conoscere, esplorare. Poi è diventato qualcosa di più. Ho avuto modo di partecipare a giochi in cui l’ingessatura o la fasciatura erano protagoniste, e devo ammettere che mi sono divertita molto. Non tanto per l’aspetto fisico o estetico, ma per l’esperienza stessa: la creatività, la complicità, il lasciarsi andare a qualcosa di inaspettato. Questo articolo nasce da questa esperienza diretta e dalla voglia di approfondire un tema che molti non conoscono o non comprendono.

Non si tratta solo di “ingessature” o “fasciature”, è molto di più. È un mondo di estetica, emozione e complicità. È il Cast Fetish.

Che cos’è il cast fetish?

Il cast fetish, o feticismo per le ingessature, è una passione di nicchia che combina l’attrazione estetica per il gesso o le fasciature con dinamiche emotive e relazionali. Il cast fetish non è mai una realtà univoca. Si manifesta in modi diversi, a seconda di chi lo vive:

ESTETICA E SENSAZIONI VISIVE: L’aspetto del gesso, la bellezza dei dettagli come le dita che spuntano o il piede fasciato. La rigidità che avvolge il corpo, la forma che modella un arto, il contrasto tra pelle e gesso. Tutto questo crea un’immagine di immobilità che molti trovano affascinante

DINAMICHE DI CURA: La relazione tra chi indossa il gesso e chi se ne prende cura, creando un senso di intimità e connessione emotiva. Chi vive questa passione spesso trova soddisfazione nel prendersi cura di un partner “ingessato” o “fasciato”, offrendo supporto e attenzione.

GIOCO E FANTASIA: Il piacere di immaginare e vivere situazioni quotidiane in cui il gesso o la fasciatura diventano parte integrante del contesto. La creazione di fasciature ben fatte, senza grinze, rappresenta un elemento di perfezione che valorizza il piacere estetico. Alcuni amano simulare situazioni realistiche, come un infortunio immaginario

Per molti, il cast fetish nasce da esperienze infantili. Alcuni ricordano di aver visto un gesso in TV o nella vita reale e di esserne rimasti affascinati. Altri raccontano di aver giocato con bende o fasciature da piccoli, senza sapere che questo interesse si sarebbe trasformato in qualcosa di più profondo con il tempo. L’attrazione spesso non è immediatamente compresa. Chi la vive può sentirsi confuso, isolato, chiedendosi se sia “normale”. Ma con il tempo, molti riescono a scoprire e accettare questa parte di sé, grazie al supporto delle comunità online. Con l’avvento di internet, il cast fetish ha trovato una dimensione globale. Forum, gruppi sui social e piattaforme dedicate hanno permesso a molte persone di condividere esperienze, racconti e tecniche. Non si tratta solo di un luogo di scambio, ma di una rete di supporto dove chi vive questa passione può trovare comprensione e accettazione.

Eventi come il CastCamp* o semplici incontri tra appassionati dimostrano quanto questa passione sia variegata e creativa. Alcuni si concentrano sull’estetica, altri sul gioco. Altri ancora sulla connessione emotiva che ne deriva.

Come in ogni pratica legata al feticismo, il rispetto e il consenso sono fondamentali. Chi vive il cast fetish sa che la separazione tra fantasia e realtà è cruciale: le simulazioni e i giochi devono sempre avvenire in un contesto consensuale e rispettoso. La maggior parte delle persone che vive il cast fetish non è attratta dal dolore o dalla sofferenza. E’ l’immobilità, la cura e l’estetica a generare piacere.

Però, non si può ignorare l’esistenza di pratiche estreme. In rari casi, alcune persone cercano situazioni di sofferenza reale, come caviglie gonfie o arti tumefatti. Questi comportamenti rappresentano una deviazione patologica e non rispecchiano la maggioranza di chi vive questa passione.

Se tu che mi leggi senti di appartenere a questo mondo, sappi che non sei solo. Il tuo desiderio non è qualcosa da nascondere, ma una parte di te che può arricchirti, se vissuta con consapevolezza e rispetto.

Questo post è un invito ad aprire la mente e guardare senza pregiudizi. Ogni passione, quando vissuta con etica e consenso, merita di essere compresa e rispettata. Il cast fetish non fa eccezione: è una finestra sulla bellezza della diversità umana.

Un messaggio di RISPETTO per chi potrebbe sentirsi offeso

E’ importante sottolineare che il cast fetish, vissuto come fantasia o gioco consensuale, non intende mai mancare di rispetto a chi affranta reali difficoltà fisiche o handicap. L’attrazione non è rivolta alla sofferenza, ma a un’immagine estetica, un simbolismo che nulla toglie alla dignità di chi vive situazioni mediche reali. Chi pratica o si avvicina a questo mondo ha il dovere di essere consapevole di queste sensibilità e di adottare un approccio che non ferisca chi potrebbe sentirsi toccato da queste dinamiche. In fondo, ogni gioco e fantasia può essere vissuto con leggerezza e rispetto, senza mai ignorare il valore umano e l’empatia verso gli altri

 

Lady Altea

 

 

*Il Cast Camp è un evento internazionale dedicato agli appassionati del cast fetish; offrendo un’opportunità unica per incontrarsi, condividere esperienze e partecipare a attività tematiche in ambiente sicuro e consensuale. L’edizione del CastCamp 2025 è programmata dal !° all’8 febbraio 2025 nella regione del mare del nord a Blåvand, Danimarca. Partecipare a eventi come il CastCamp può essere un’esperienza arricchente per chi desidera approfondire la propria passione, incontrare persone con interessi simili e vivere momenti di condivisione in un contesto accogliente e rispettoso

venerdì 3 gennaio 2025

Hair Queen: dove la cura diventa arte

 


Tra le colline di Pettinengo, esiste un luogo capace di andare oltre la bellezza estetica, è un’esperienza. Hair Queen, la barberia guidata dalla maestria e dalla passione di Alessia , è uno spazio che invita a rallentare, a scaricare le tensioni accumulate e a ritrovare quel senso di equilibrio che spesso perdiamo nella frenesia quotidiana. Appena varcata la soglia, si percepisce immediatamente che questo non è un salone qualsiasi. Alessia, con anni di esperienza e perfezionamento, ha trasformato Hair Queen in un luogo dove ogni dettaglio parla di dedizione, passione e cura. Ogni gesto, ogni prodotto, ogni angolo del salone è pensato per accoglierti e rigenerarti, tutto rispecchia l idea che la bellezza e il benessere meritino tempo e attenzione


Un ambiente che accoglie e racconta


Hair Queen è molto più di un salone: è un viaggio sensoriale. Gli oggetti di antiquariato – rasoi, specchi e strumenti di un tempo – non sono semplici decorazioni, ma raccontano una storia di tradizione e valore. Alessia ha saputo unire questa eredità a uno stile moderno e accogliente, creando un ambiente che respira calore e professionalità. Entrare da Hair Queen significa lasciare fuori tutto ciò che è negativo: rabbia, caos, tensioni. È un approdo sicuro, un luogo dove il mondo si ferma e tu diventi il centro dell’attenzione. Alessia ha iniziato il suo percorso nel 1994, apprendendo l’arte della rasatura e del taglio presso una delle barberie più antiche del biellese. Negli anni ha affinato le sue tecniche, perfezionando ogni dettaglio per offrire un’esperienza che va ben oltre l’estetica. Ogni gesto che compie è frutto di anni di dedizione e miglioramento. Nel 2017, Alessia ha dato vita a Hair Queen, un luogo che incarna la sua visione: la cura di sé non è solo un atto estetico, ma un momento per rigenerare corpo e mente.





Un’esperienza di totale abbandono


Durante la mia visita, Alessia mi ha guidata in un’esperienza che andava ben oltre il taglio di capelli. Ogni gesto era preciso, mai frettoloso, pensato per trasmettere calma e benessere. Mentre chiudevo gli occhi, sentivo il profumo delicato dei prodotti e il tocco esperto delle sue mani. Era come se tutto ciò che era fuori dal salone smettesse di esistere, lasciando spazio a un momento di abbandono totale.

E poi arriva la trasformazione. Aprire gli occhi e vedersi allo specchio non significa solo notare un cambiamento estetico. È un piacere più profondo: sentirsi più leggeri, rigenerati, pronti a ripartire.


Ester: il braccio destro di Alessia 


Accanto ad Alessia c’è Ester, la sua assistente e il suo braccio destro, che con gentilezza e competenza completa questa esperienza unica. Anche un gesto semplice (che potrebbe sembrare semplice a prima vista, richiede in realtà tecnica e sensibilità per essere eseguito nel modo giusto) come il lavaggio dei capelli, sotto le sue mani esperte, diventa una coccola che trasmette calore e attenzione. Insieme, Alessia ed Ester formano una squadra che accoglie ogni cliente con un mix perfetto di professionalità e umanità.




Un rifugio per chi cerca una pausa

Per me, abituata a essere sempre in controllo, Hair Queen è stato un momento di stacco vero. Non perché ci sia qualcosa di magico, ma perché Alessia e Ester offrono quello che abbiamo dimenticato: il tempo di fermarci. Una pausa che ti permette di scaricare le tensioni e di ricaricare le energie. I problemi, ovviamente, restano. Ma li affronti con una carica diversa, con uno spirito rinnovato. Esci di lì rigenerato, pronto ad affrontare ciò che ti aspetta con una forza nuova.


La ritualità e il feticismo dei capelli

Hair Queen non è solo un luogo dove si curano i capelli o si perfeziona un look. È un luogo che richiama una ritualità che molti di noi hanno dimenticato. Per chi vive il feticismo dei capelli, questa esperienza si intreccia con memorie profonde: il rumore delle forbici che tagliano, il profumo di un balsamo, il suono dell’acqua che scorre e il calore di un asciugamano posato sul viso.Questi dettagli non sono semplici componenti di un servizio, ma elementi di un rituale che coinvolge i sensi e risveglia emozioni. Fermarsi per vivere un’esperienza come questa non è un lusso, ma un atto necessario per rigenerarsi e ricaricarsi.


Un invito a rallentare

E allora, perché non permettersi di rallentare, di vivere queste coccole come una pausa preziosa? Non è solo un taglio, una rasatura o un trattamento: è un momento per fermarsi, per ascoltare, per respirare. Hair Queen ci ricorda che, a volte, la bellezza si trova nella semplicità dei gesti e nella profondità delle emozioni che essi regalano.

Uscendo da lì, mi sono sentita diversa, più leggera. Per una volta, avevo lasciato fuori le tensioni e mi sentivo pronta a ripartire, con una forza che solo un’esperienza così autentica può regalare.


https://hairqueen.it/


martedì 31 dicembre 2024

La vita è una riflessione continua

 




Non sono mai stata una persona che ama le scadenze imposte, i riti obbligati o le convenzioni che sembrano dettare quando e come dovremmo fermarci a riflettere. L’ultimo giorno dell’anno è per molti un momento di bilanci, di chiusure e nuovi inizi, ma per me la riflessione non conosce calendario. Ogni giorno è un’opportunità per osservare il proprio cammino, scoprire luci e ombre, e forse, imparare a percorrere la propria strada con maggiore consapevolezza. Nel BDSM, come nella vita, la riflessione è una compagna costante. Ogni interazione, ogni gesto, ogni parola scambiata con chi si affida a noi o ci conduce, è uno specchio che riflette le nostre intenzioni, i nostri desideri, ma anche le nostre fragilità. Il potere, il controllo, l’abbandono: tutto diventa un gioco di specchi che ci mette davanti a chi siamo davvero, senza filtri.

Quest’anno, molti di voi mi hanno raccontato le vostre storie. Mi avete parlato di successi, di dolori, di domande che vi tormentano. Mi avete cercata, forse per trovare un ordine nel caos o un porto sicuro dove lasciare scivolare le maschere che indossate ogni giorno. È questo che trovo meraviglioso nel nostro mondo: la possibilità di mettersi a nudo, non solo fisicamente, ma emotivamente, per cercare una verità che non sempre si ha il coraggio di affrontare altrove. Ovviamente, non con tutti c’è stato questo incontro idilliaco. Alcune esperienze non sono andate come avrei sperato, e ci sono state situazioni che hanno portato a una chiusura. Ma anche questo fa parte del cammino. Ogni relazione, anche quelle interrotte, è un’occasione per imparare e crescere. Spero che anche dall’altra parte possano vedere queste esperienze non come fallimenti, ma come passaggi necessari verso qualcosa di più autentico.

Non è mai troppo tardi per iniziare a riflettere, per chiedersi: “Sto seguendo davvero la mia verità? Sto vivendo secondo i miei valori, oppure lascio che siano gli altri a definire chi sono e cosa desidero?” Nella vita, l’autenticità è il vero traguardo. E raggiungerla è un viaggio, non una meta. Quindi, mentre brindiamo all’anno nuovo, ricordiamoci che i bilanci non spettano a una data sul calendario. Sono parte di un processo costante, un dialogo interiore che ci accompagna ogni giorno. Non aspettate il prossimo dicembre per chiedervi cosa desiderate o cosa dovete lasciare andare. Fatelo oggi, e domani, e ogni volta che il cuore ve lo chiede.

Perché alla fine, non è il momento della riflessione a dare valore alla nostra vita. È il modo in cui usiamo quelle riflessioni per crescere, per essere più veri, più liberi.

 

Auguro a tutti voi un anno pieno di verità e scoperte, dentro e fuori di voi stessi.

Lady Altea

giovedì 26 dicembre 2024

Femminilizzazione e travestitismo: due realtà simili, ma non uguali

 

Mi è stato chiesto più volte quale sia la differenza tra femminilizzazione e travestitismo. Quella che segue è la mia interpretazione personale, frutto di ciò che ho compreso negli anni.

Femminilizzazione:

La femminilizzazione è un concetto ampio, che non si limita all’indossare abiti considerati femminili. Include gesti, atteggiamenti e, talvolta, comportamenti. Non implica necessariamente un cambiamento di identità di genere: molte persone la vivono come un’esplorazione di parti di sé, senza sentirsi meno uomini o dover rinunciare alla propria mascolinità.

Travestitismo:

Nel travestitismo, il centro dell’esperienza è l’abbigliamento. Ci si veste con abiti del genere opposto per piacere estetico, per curiosità, per esplorare la propria sessualità o come parte di una fantasia. Spesso rimane un’esperienza legata al “cambio di vestiti”, senza necessariamente influenzare comportamenti o ruoli sociali.


Parlare di queste tematiche significa entrare in un mondo ricco di sfumature e ramificazioni. Ad esempio, esistono le sissy maid o altri percorsi che permettono di esprimere il proprio lato femminile o di giocare con l’identità e l’immagine di sé. Ogni storia è unica e racchiude vissuti, desideri e bisogni differenti. Spesso, femminilizzazione e travestitismo vengono ridotti a una questione di abiti e apparenze, trascurando l’aspetto psicologico e relazionale che accompagna queste esperienze.


Oltre l’aspetto estetico

Molti tendono a pensare che chi pratica il travestitismo o la femminilizzazione sia motivato esclusivamente dal desiderio di vestirsi da donna. In realtà, queste pratiche possono racchiudere un universo di motivazioni, che variano da persona a persona.

1. Gioco di ruolo: alcune persone vivono la femminilizzazione come parte di una dinamica ludica, per sperimentare qualcosa di diverso nella vita di coppia o in contesti più ampi, ad esempio nel BDSM.

2. Esplorazione identitaria: per altri, rappresenta un modo per avvicinarsi ad aspetti della propria identità, non necessariamente transgender, che sentono poco espressi nella quotidianità.

3. Ricerca di libertà espressiva: c’è chi vede nella femminilizzazione o nel travestitismo una forma di emancipazione dai ruoli di genere più rigidi, un modo per sentirsi liberi di giocare con il proprio corpo, la propria immagine e il proprio vissuto.


La femminilizzazione, quindi, non è solo un cambio d’abito. Può includere anche l’acquisizione o l’emulazione di gesti, comportamenti, tono di voce e atteggiamenti considerati femminili. Per alcuni, è un percorso profondo. Chi la sperimenta può riscoprire un senso di delicatezza o dolcezza che magari non si sente libero di manifestare nella vita quotidiana.

In un contesto di coppia, la femminilizzazione può diventare un gioco che rafforza la complicità. Nel BDSM, invece, assume spesso connotati di sottomissione, dove la femminilità diventa un modo per mettere in luce il proprio lato più vulnerabile e remissivo. Nel travestitismo, invece, l’elemento centrale rimane il “cambio di vestiti”: l’adozione di indumenti e accessori percepiti come femminili (o maschili, nel caso inverso). Anche questa esperienza, però, può avere diverse profondità:

1. Piacere estetico: alcuni lo praticano per semplice gusto personale, trovando belli e attraenti quei capi, indipendentemente dal giudizio altrui.

2. Fantasia erotica: per altri, la dimensione sessuale è importante, e l’indossare abiti del sesso opposto diventa un vero e proprio feticcio.

3. Interesse sporadico: c’è chi lo vive come un’esperienza occasionale, legata a feste, eventi a tema o momenti di intimità, senza dargli un significato identitario più ampio.


Condivisione e dialogo

Chi si avvicina a queste pratiche condivide spesso un desiderio di apertura: poter parlare liberamente, confrontarsi con altre persone che vivono esperienze simili, scambiare consigli, paure e curiosità. Attraverso il dialogo, si scopre che non esiste un solo modo giusto o sbagliato di vivere la femminilizzazione o il travestitismo, ma tante possibilità quante sono le persone che li sperimentano.

Sebbene femminilizzazione e travestitismo possano sembrare etichette semplici, dietro di esse si nasconde un mondo di sfumature, emozioni e significati. È fondamentale ricordare che ogni percorso è personale e unico, e che non si finisce mai di imparare o scoprire qualcosa di nuovo su di sé.

Se queste righe ti hanno incuriosito, sentiti libero/a di approfondire, fare domande o condividere la tua esperienza. Il confronto aiuta tutti a comprendere meglio noi stessi e gli altri, ricordandoci che non esiste un’unica verità, ma tante prospettive diverse.

           Lady Altea

giovedì 19 dicembre 2024

La vigilessa

 Questo racconto è rivolto a un pubblico adulto e descrive situazioni legate al mondo BDSM, con particolare attenzione al gioco tra dominazione e sottomissione. Le pratiche descritte, come il bondage o la rasatura, richiedono una conoscenza approfondita e una grande attenzione. E’ essenziale che chiunque voglia esplorare questi mondi lo faccia con consapevolezza, rispetto reciproco e in pieno accordo tra le parti. Un gioco che può essere fonte di piacere e di connessione è profonda, ma se condotto senza la giusta preparazione può trasformarsi in un’esperienza rischiosa o addirittura pericolosa. Ricordate: il BDSM è prima di tutto consapevolezza, rispetto, sicurezza.

La vigilessa: un taglio alle maschere



Sono quasi le 19, un ultimo appuntamento e chiudo il negozio. Sono esausto: è stata una giornata lunga, ma fortunatamente tra un po’ arriverà Irene e mi rilasserò un po’, lei è una cara amica, le taglio i capelli da almeno dieci anni. Ha un taglio iconico, cortissimo, rasato ai lati e più lungo sopra. Questo look androgino è sempre piaciuto.                                  Con Irene poi, condividiamo gusti e passioni particolari: entrambi pratichiamo BDSM e prediligiamo le donne. Quante volte abbiamo giocato insieme, condividendo la stessa schiavetta e divertendoci come pazzi! Amo la sua energia.

Le assistenti stanno finendo di riordinare, Mirella è l’ultima ad uscire, resterà solo quei dieci minuti necessari a preparare il lavaggio. Puntuale come un orologio, Irene entra con passo sicuro. Ci salutiamo con un bacio sulle guance. Sento subito un’atmosfera frizzante: in lei c’è qualcosa di diverso, di elettrico. Mentre si accomoda al lavatesta noto il suo sorriso malizioso.” Non vedevo l’ora di venire” sussurra. Ha uno sguardo vivido, penetrante, carico di una strana euforia. E io sono curioso. Quando Mirella va via, restiamo finalmente soli. Irene si sistema sulla poltrona del taglio, la testa rilassata, pronta a sentire la vibrazione familiare della macchinetta scorrere sulla testa, per lei, il ronzio costante della macchinetta è come un rumore bianco, capace di calmarla e trasportarla in uno stato di rilassamento profondo. Alcuni clienti mi dicono che il suono della macchinetta evoca ricordi d’infanzia o momenti di cura personale, intensificando il piacere dell’esperienza.

“Devo raccontarti una cosa incredibile” dice, la voce lieve ma vibrante. “Mi è successa la settimana scorsa, ancora stento a crederci…” Sorrido: “C’è di mezzo una donna?” Irene fa un cenno divertito: “Oh, una donna? No, no. Una super donna.” Il suo tono si fa più caldo. “Ma prima fammi il taglio, poi ti racconto. Sono sicura che quando saprai i dettagli ti ecciterai. Per non rovinarmi la pettinatura, meglio procedere adesso. Poi andiamo al pub qui vicino, ho fame.” Annuisco: “Ok, anche io ho fame.” E attacco con la macchinetta.

Irene chiude gli occhi, godendosi la vibrazione sulla pelle e il ronzio rilassante che la avvolge. Mentre si rilassa penso a quanti segreti abbiamo condiviso, quante scene vissute. “Mi domando cosa avrà da raccontarmi questa volta. Irene non è certo una che si trattiene: ogni volta riesce a sorprendermi, e non vedo l’ora di scoprire che cosa è successo.”

Finito il taglio, chiudo il negozio e ci dirigiamo al pub. Non appena ci sediamo con la birra davanti, Irene si accende una sigaretta. Non sta più nella pelle, e io non vedo l’ora di scoprire questa storia. “mercoledì scorso” inizia, “c’erano le targhe alterne. Lo sai, io sono vigilessa e controllavo le auto con targa dispari in piazza San Carlo. Verso le 10, vedo una Mercedes con targa dispari sfrecciare. La fermo. Al volante c’è una donna bellissima: capelli rossi, occhi verdi, un’eleganza naturale. Lei mi fissa, sorride di circostanza e si scusa dicendo che conosceva la regola, ma doveva per forza venire in centro, era in ritardo per un lavoro urgentissimo.” Mentre Irene parla, immagino la scena. Irene in divisa, austera, la donna rossa nel suo tailleur. Una tensione fatta di sguardi. Irene continua: “Mi chiede di essere gentile, promette che avrebbe mandato un commesso a pagare la multa. Quel suo tono di superiorità, quell’aria da ‘io sono importante, fammi passare’, mi ha urtata. Così, per metterla al suo posto, le ho fatto accostare e ho iniziato la procedura: patente, libretto… Lei ha provato a protestare: “Ma sono di fretta!” E io: “Signora, la legge è uguale per tutti. Ho assunto il mio tono più fermo, da vera dominatrice.”

A questo punto, Irene abbassa un po’ la voce, come se volesse gustarsi ogni parola: “La vedo diventare rossa in viso. All’inizio penso sia rabbia. Ma poi sento qualcosa di diverso nella sua voce, un tremolio dolce, quasi arrendevole. In quel momento, dentro di me si accende la padrona. Mi diverto a elencare le sue mancanze, a farle sentire la mia autorità. Lei tace, testa bassa, in silenzio per dieci interminabili minuti. Quando le ho consegnato il verbale, ho aggiunto un ultimo rimprovero: “La prossima volta non sarò così gentile” Lei è salita in macchina a testa china, mormorando un flebile “Mi scusi”.

La mia mente è già in subbuglio. Immagino quella donna bellissima, abituata a comandare, ora muta, in imbarazzo. Irene la descrive con un accenno di bramosia nelle parole. “Dopo il turno” prosegue Irene, “alle 13 sono andata al bar a mangiare un panino, e chi trovo? Lei, circondata da uomini in giacca e cravatta. Appena mi vede, si avvicina di nuovo e si scusa, questa volta con più calma. Io, sempre rigida, rispondo: “Un po’ di educazione non guasta.” Lei, invece di irritarsi, quasi si confida: “Vorrei che i miei collaboratori avessero la sua grinta, ma sono degli smidollati, dei leccapiedi. A volte vorrei qualcuno che mi facesse sentire il polso duro!”                                                                   Ho intuito che non stava solo cercando comprensione, ma qualcosa di più profondo. Credimi, le si leggeva negli occhi. È lei a propormi un incontro: “Posso offrirle un drink per scusarmi? “Io le dico: “Smetto alle 16, ci vediamo qui.” Lei sorride, soddisfatta.”

Penso a Irene che, dopo queste parole, avrà diretto il traffico sognando quello che sarebbe successo. La guardo, e vedo che anche ora, raccontando, è eccitata. Ha le guance lievemente arrossate. Io stesso sento una vibrazione salire lungo la schiena. “Alle 16 entro nel bar. Lei mi aspetta. Mi siedo, mi spiega: “Non mi fraintenda, non invito mai vigilesse al bar, ma stamattina, quando mi ha trattata così, mi è successa una cosa strana:” Sembrava imbarazzata. Ha continuato: “Sono divorziata da sei anni. Da allora mi sento attratta dalle donne, e mi piacciono dure, cattive. Nel lavoro comando, ma nel privato voglio essere sottomessa. Adoro le divise… le donne con capelli corti, vagamente militari come lei. “Lo so, magari mi prenderà per pazza, ma ho sentito il bisogno di dirle queste cose. Non so perché, ma con lei mi sento al sicuro.”

Non credevo alle mie orecchie: una donna manager, sottomessa. Alle 17.30 eravamo già a casa mia. Lei, nuda, legata al letto. Dopo un’ora di mio trattamento fatto di baci, frusta, cera calda, mollette e vibratori, la sua voce rotta dal piacere mi ha detto le parole che adoro: “Fammi quello che vuoi, ti amo!’ A quel punto le ho chiesto in tono deciso ma carico di curiosità: “Ti faresti rasare tutta?” per un attimo ho visto il suo corpo irrigidirsi, come se cercasse il coraggio per rispondere. Tremante, con voce roca, ha sussurrato: “Sì, anche i capelli.”

L’ho slegata, l’ho portata in bagno. Era ancora visibilmente eccitata, il suo corpo tremava leggermente. ” Spogliati completamente,” ho ordinato, e lei ha obbedito senza esitazioni, rimanendo nuda davanti a me. Ho preso una corda e le ho bloccato le braccia allo schienale della sedia, poi le ho immobilizzato le caviglie. “Da buona schiava”, ho notato con un sorriso compiaciuto mentre prendevo un fallo di gomma e lo infilavo lentamente nella sua vagina, osservando ogni suo fremito. La sua pelle sembrava reagire a ogni gesto, come se fosse ipersensibile al tocco. Poi ho stretto il suo seno con una corda, legandola in modo da far gonfiare i seni rendendoli ancora più sensibili. La pelle intorno ai capezzoli era tesa, e il colore divenne di un rosso intenso. Quando ho terminato, l’ho posizionata davanti ad uno specchio:” Guardati! “ho detto con voce fredda ma compiaciuta.

Si osservava, il corpo legato e il fallo ancora dentro di lei. I suoi occhi si riempirono di eccitazione e un fremito di piacere la attraversò. Ho preso un pettine e ho iniziato a passarlo lentamente tra i suoi capelli rossi, come a volerle far sentire il contrasto tra la dolcezza di quel gesto e ciò che stava per accadere

Mi sono posizionata dietro di lei, prendendo un respiro profondo per stabilizzare le mani. Le dita si sono chiuse saldamente intorno alla macchinetta, ma il cuore mi batteva forte, quasi troppo per mantenere la calma che volevo trasmettere. Ho alzato la macchinetta, il ronzio pulsava nell’aria, e con voce ferma le ho ordinato: “Non muoverti!”

L’ho detto con autorità, senza esitazioni, ma dentro di me c’era un misto di eccitazione e controllo. Lei ha respirato a fondo, deglutendo lentamente, il suono quasi impercettibile ma evidente nella tensione del suo collo. I suoi occhi, chiusi, sembravano cercare un punto di equilibrio tra paura e resa. Poi ha annuito, lentamente, con un movimento appena accennato, come se ogni millimetro fosse un passo verso un abisso che desiderava esplorare.

Avvicinai la macchinetta alla sua testa. Il primo contatto fu lieve, quasi esitante, ma il ronzio si amplificò mentre la guidavo lungo la sua fronte, tracciando una linea netta tra la massa di capelli e la pelle liscia sottostante. Il contrasto era affascinante, quasi ipnotico. Ogni passata lasciava un sentiero di pelle nuda che sembrava reagire, increspandosi leggermente sotto il tocco vibrante della macchinetta. Lei tremava appena, il suo corpo rispondeva con piccoli fremiti, ma rimaneva immobile e obbediente. I capelli scivolavano giù a ciocche spesse, atterrando silenziosamente sul pavimento come foglie che si staccano da un albero in autunno. Ogni movimento era lento, calcolato.

Il ronzio della macchinetta cambiava lievemente intonazione a seconda della densità dei capelli che attraversava, creando un ritmo che si mescolava ai suoi respiri, profondi, quasi sincroni. Mi fermai un istante, osservando ciò che avevo creato: avevo lasciato intenzionalmente una corolla di capelli rossi intorno alla sua testa, come quella di un clown. Mi chinai accanto a lei, fissando il suo riflesso nello specchio. “Guardati,” le sussurrai con tono tagliente. “Pensa se ti vedessero i tuoi collaboratori, quelli che tratti male. Che cosa direbbero? Tu, che comandi tutti con il pugno di ferro, ora ridotta così. Mi piacerebbe davvero che fossero qui” Le sue guance si tinsero di rosso mentre un gemito soffocato sfuggiva dalle sue labbra sigillate dal cerotto. La sua umiliazione era evidente, ma lo era anche il piacere che provava. Non attesi troppo. Ho continuato, passando di nuovo la macchinetta sulla testa, cancellando ogni traccia di quei capelli clowneschi fino a che non rimasero solo sottili ombre di capelli sulla pelle. 

“Stai bene?” le ho chiesto, interrompendo un momento la rasatura. Lei ha aperto un occhio, lo sguardo vitreo, e ha sussurrato: “Sì, padrona. Mi sento… libera*.”

Quelle parole mi hanno fatto sorridere, le ho infilato le sue mutande in bocca e sigillato le labbra con un cerotto adesivo. e ho continuato a rasare, passando con cura sulla sommità del capo e poi sui lati, seguendo la forma della sua testa. Ogni curva, ogni movimento sembrava parte di un rito, e io ero completamente immersa in quella danza di controllo e trasformazione. Quando ho terminato con la macchinetta, c’era solo una leggera ombra di capelli sulla testa, come un ricordo ormai sbiadito. Ho spento il dispositivo e l’ho appoggiato sul tavolo accanto. Poi ho preso la crema da barba e l’ho applicata con dolcezza. La schiuma bianca creava un contrasto ancora più netto con la sua pelle arrossata. Ogni passata del rasoio era lenta, deliberata, e rivelava una pelle liscia e lucida, perfetta nella sua semplicità. Ogni tanto i suoi fremiti erano più evidenti, piccoli gemiti soffocati sfuggivano dalla sua bocca, e il suo respiro si faceva più profondo.

Ora le raso anche le sopracciglia. Non oppone nessuna resistenza, ormai succube di ogni mio desiderio. Le spalmo la schiuma da barba anche sul viso. Prendo il bilama e lo passo ovunque, anche sul viso. Rado tutto. Passo e ripasso il rasoio. La pelle si arrossisce leggermente. “Voglio vederti domani, se la tua arroganza sarà ancora la tua arma preferita.”

Le ho passato un panno caldo sulla testa, rimuovendo ogni residuo di schiuma da barba, poi ho versato un po’ di olio lenitivo sulle mani e ho iniziato a massaggiare il suo cuoio capelluto. La pelle arrossata reagiva al mio tocco, lucida e perfettamente liscia, mentre lei emetteva piccoli gemiti, quasi impercettibili, che rivelavano la sua totale resa. “Guardati” le ho ordinato, girandola verso lo specchio. “sei come voglio che tu sia: perfetta, umiliata e completamente mia.” I suoi occhi si sono riempiti di lacrime mentre osservava il suo riflesso: la testa rasata che brillava sotto la luce, il viso trasformato, segnato da un’espressione che mescolava vergogna ed estasi. Le sono passata accanto, piegandomi verso il suo orecchio, e le ho sussurrato con voce gelida:” Hai finito di venire *salopa? O vuoi continuare a dimostrarmi quanto sei una maiala?” Lei ha abbassato lo sguardo, un fremito attraversava il suo corpo, ancora legato alla sedia. Non ha risposto, ma il rossore che le tingeva le guance era eloquente.

Lì ho liberata con calma, slegando prima le braccia e poi le caviglie, osservandola mentre restava immobile, troppo scossa per muoversi da sola. Quando ho tolto il cerotto dalle sue labbra, il suo respiro era lento, rauco, quasi spezzato. “Padrona, la prego,” ha sussurrato con voce roca e supplicante, posso leccarla tutta? “Non aspettavo altro. Senza risponderle, mi sono seduta su una sedia accanto a lei, proprio tra i capelli che avevo appena tagliato, sparsi come un tappeto sul pavimento. Ho afferrato la sua testa rasata con entrambe le mani, tirandola dolcemente ma con fermezza verso di me. Il contatto della sua pelle liscia contro le mie cosce era indescrivibile, un misto di freddo e calore, di forza e vulnerabilità. L’ho guardata con gesti sicuri, posizionandola esattamente dove volevo.” Adesso dimostrami quanto sei devota, “le ho detto, spingendo la sua testa ancora più in profondità tra le mie gambe. Il contrasto tra la sensazione della sua testa rasata e il mio corpo era così intenso che per un attimo ho chiuso gli occhi, lasciandomi trasportare.

Ogni movimento che faceva era lento, misurato quasi reverenziale. La sua lingua seguiva percorsi che sembravano studiati, ma che in realtà erano pura istintività.

La pressione della sua testa contro di me aumentava, e io affondavo le dita nella sua pelle liscia, accarezzandola, godendo del controllo assoluto che avevo su di lei.

Quando finalmente mi sono lasciata andare, esplodendo in un potente orgasmo, ho sollevato leggermente la sua testa, costringendola a fermarsi. le ho guardato il viso, segnato da sudore e desiderio, i suoi occhi pieni di una devozione che non lasciava spazio ai dubbi. “Brava, salopa,” le ho detto con un sorriso soddisfatto, “ora sai qual è il tuo posto!”

Mi sono alzata, soddisfatta, lasciandola inginocchiata, ancora tremante per tutto ciò che aveva vissuto. Mi sono girata verso lo specchio. Osservando il mio lavoro, e ho sorriso. Lei con voce roca, ha sussurrato un ultimo:” grazie Padrona”.

Io invece, sono rimasto con la forchetta a mezz’aria, fissandola incredulo. Il suo racconto mi aveva totalmente catturato, al punto da farmi dimenticare la fame e persino il tempo, Irene sorrideva soddisfatta, accendendosi un’altra sigaretta. “ azz che storia”, le ho detto, cercando di mascherare l ‘imbarazzo dietro un sorriso malizioso. Lei ha riso, divertita dalla mia reazione, e ha fatto un gesto teatrale con la mano. “Aspetta Vitt, non è finita qui, ho una sorpresa.”

Prima che potessi rispondere, la porta del pub si è aperta, e una donna alta, elegante, con la testa completamente rasata e un trucco impeccabile, è entrata con passo sicuro. I suoi occhi verdi erano ipnotici, e l’aria di superiorità che emanava era in netto contrasto con il suo aspetto umile e obbediente. Si è avvicinata al nostro tavolo, abbassando leggermente la testa “Buonasera Padrona, Buonasera Padrone,” ha detto con voce sommessa, fissandomi con uno sguardo pieno di rispetto. I suoi occhi, verdi e profondi, sembravano scrutarmi, e per un momento ho percepito una deferenza cosi sincera da lasciarmi spiazzato. Non era un gioco, non era un’esibizione. Era autentico.

Irene, accanto a me, sorrideva compiaciuta, incrociando le braccia:” te l’avevo detto Vitt che non era solo una storia,” ha detto con un tono che mescolava provocazione e complicità, studiando ogni mia reazione.

Olga rimase in piedi, composta, con un’eleganza naturale che sembrava contraddire il ruolo che le era stato assegnato.”

“Che ne dici?” Irene continuò, inclinando leggermente la testa verso di me. “Hai voglia di scoprire fino a dove può arrivare questa notte?” Non risposi subito. Cercavo di processare ciò che stava accadendo, il significato di quello sguardo. Di quelle parole. Olga, come se capisse il mio tentennamento, abbassò lievemente gli occhi in un gesto di rispetto, ma senza mai perdere la sua compostezza.

“La macchina è pronta,” disse con una voce tranquilla e sicura, rivolta principalmente a Irene. Poi, voltandosi verso di me, aggiunse con un sorriso enigmatico:” Se decide di unirsi a noi, Padrone.”

Irene si alzò con calma, e mi guardò. “Questa notte potrebbe essere più interessante di quanto immagini.”

Non risposi subito, ma mi alzai con calma, il mio sguardo che sfiorava il suo per un attimo. “Andiamo, “dissi semplicemente, ma con tono che non ammetteva repliche.

Fuori, la Mercedes di Olga ci aspettava. Lei aprì la portiera posteriore con grazia, lasciando che io e Irene prendessimo posto. Una volta a bordo, Irene mi osservò per un attimo, con uno sguardo che parlava più di mille parole: complicità, sfida e un pizzico di curiosità.

“Benvenuto nel nostro mondo, Vittorio,” disse con un sorriso sottile, ma la sua voce portava con sé un invito chiaro, un’anticipazione che non lasciava spazio a dubbi.

Mi sistemai sul sedile, lasciando che la macchina partisse. Non ero lì per caso, e lo sapevo bene. Non era solo curiosità a spingermi, ma una naturale predisposizione a comprendere e guidare situazioni come questa. La dinamica tra di noi si sarebbe definita presto, ma non c’era fretta. La notte era giovane, e ogni cosa avrebbe trovato il suo tempo e il suo spazio. Sapevo leggere l’animo umano, ogni respiro trattenuto, ogni tensione nel corpo. Era una parte naturale di me, non qualcosa che dovevo dimostrare. Non era una sfida, né un confronto. Era una scoperta reciproca, un terreno che avremmo condiviso e plasmato insieme. Mentre la macchina correva nel silenzio della notte, il mio sguardo si alternava tra Irene e Olga. Non ero lì per essere spettatore. Quella notte avrebbe preso forma, e sapevo che in qualche modo sarebbe rimasta impressa in tutti noi.

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Questo racconto è basato su una storia originale del Barber. Ho arricchito il testo con dettagli e riflessioni per renderlo ancora più coinvolgente, mantenendo però l'essenza e l'ispirazione originaria."

*Quando la donna sussurra di sentirsi “libera”, si apre uno spiraglio su una realtà complessa e profondamente personale. La libertà, in questo contesto, non è un concetto assoluto né un’esperienza universale. Non tutti trovano libertà nella sottomissione, così come non tutti trovano appagamento nel controllo. Ogni individuo ha un proprio modo di vivere il piacere, l’intimità e l’espressione di sé, e queste dinamiche funzionano solo per chi sente di appartenervi, in un equilibrio unico e irripetibile.

Per chi le vive, queste esperienze non sono mai una fuga dalla quotidianità o dai problemi personali, né un semplice “gioco” privo di significato. Sono piuttosto una ricerca profonda, che tocca corde intime e nascoste. La sottomissione, per alcuni, è la possibilità di mettere da parte il bisogno costante di controllare tutto, di abbandonarsi completamente a qualcun altro, sapendo che quel qualcuno agirà con rispetto, cura e attenzione. È una forma di fiducia radicale, un atto di connessione che permette di esplorare la propria vulnerabilità in modo sicuro e consensuale.

Ma non è solo una questione di libertà dalla responsabilità. È anche un modo di scoprire nuove parti di sé, di mettersi in gioco in un contesto che rompe le regole della quotidianità e consente di vivere qualcosa di unico. Per altri, invece, la libertà si trova nel ruolo opposto: nel dominare, nel prendersi cura di chi si affida, nell’assumersi il carico emotivo e psicologico di guidare un’esperienza così intensa.

 Queste esperienze non hanno nulla di universale, nulla di facile da spiegare o da replicare. Non si tratta di evadere, ma di scegliere consapevolmente di vivere una dinamica che risponde a desideri profondi e personali. È un linguaggio dell’anima che non può essere compreso appieno da chi non lo parla, ma che è meravigliosamente significativo per chi lo vive. È libertà, sì, ma di un tipo speciale: la libertà di essere pienamente se stessi, anche in modi che il mondo non sempre capisce o accetta. *

 

*Salopa: Ha 2 significati: uno è porcellina" l'altro "puttana dal francese Salop

mercoledì 18 dicembre 2024

Comunicare con chiarezza


Oggi vorrei condividere qualche riflessione di stampo “e-boomer”. Sto rileggendo vecchi scritti, miei e del mio compagno, il Barber, e mi rendo conto di aver abusato in passato dei puntini di sospensione. All’epoca mi sembrava una specie di pausa poetica, un invito a fermarsi e immaginare tutto ciò che non veniva detto. 
Ora, però, rivedendo quei testi, li trovo fastidiosi, una sorta di rumore grafico che spezza il ritmo, rendendo la lettura meno scorrevole. Mi sono chiesta perché ci cadevo io, e perché ci cadeva anche il Barber. Forse era il nostro modo di dire:” Ehi, c’è ancora molto da esprimere, ma non so se voglio o posso dirlo adesso”. 
Una timidezza digitale, una riserva non verbalizzata. E’ un po’ come la moda della “K” al posto della ”c” che imperversava anni fa. Un fenomeno che a ripensarci non ha una vera ragione d’essere, se non la ricerca di un codice distintivo, una lingua segreta (ma non troppo) per sentirsi parte di un gruppo. Alla fine, era forse anche lì una questione di appartenenza, di segni di riconoscimento. Se ci fermiamo a guardare indietro, non solo nei nostri testi ma nei nostri atteggiamenti, ci accorgiamo di quanti comportamenti risultassero fastidioso o immaturi. Forse in passato non ci mettevamo veramente in discussione per mancanza di esperienza, di maturità o semplicemente perché non eravamo pronti ad accettare critiche. Spesso, quando qualcuno ci faceva notare un errore, reagivamo sulla difensiva, quasi a proteggere un’immagine di noi stessi che non volevamo mettere in dubbio. Crescere però significa proprio questo: imparare ad ascoltare, a migliorare e a lasciare andare vecchie abitudini. Con il tempo ho imparato che una comunicazione semplice e diretta funziona meglio. Questo vale in generale, ma soprattutto in certi contesti più delicati. Nel BDSM, ad esempio, la chiarezza è fondamentale: non ci sono puntini di sospensione nel definire i propri limiti, confini o nell’esprimere i desideri. Ogni parola conta, ogni segnale dev’essere chiaro e rispettato. 
Non è una questione di essere “boomer”o meno, ma di garantire una relazione consapevole, in cui ognuno sappia cosa l’altro vuole e può dare. Ecco perché cerco di essere sempre limpida nella comunicazione, non per seguire le mode, ma per raggiungere meglio chi legge. S
e avete domande su questo percorso di comprensione, se volete sapere di più sul BDSM o semplicemente chiarire dubbi, potete scrivermi all’indirizzo: larosadeisensi@gmail.com. Parlare apertamente è il primo passo per approfondire e comprendere meglio qualsiasi tema. Nessuna domanda è sciocca: la conoscenza e il confronto aperto ci aiutano ad evolvere, a capire meglio noi stessi e gli altri, e magari evitare quei “puntini di sospensione” che non servono più Chissà, forse avremmo dovuto trattare i puntini di sospensione con la stessa consapevolezza: un segnale da usare con attenzione, non un orpello ripetuto all’infinito. Oggi provo a scrivere in modo più diretto, meno criptico e meno punteggiato. Forse sto crescendo, cambiando, anche se il passare del tempo mi regala qualche titolo non richiesto (boomer, vecchia, e simili). Va bene così. E’ un segnale che ho attraversato più fasi, che ho sperimentato vari linguaggi, e che continuo a mettermi in discussione.
D’altronde, sperimentare fa parte dell’essere umani.

Lady Altea 

lunedì 16 dicembre 2024

Educazione: un valore dimenticato o mai acquisito?

 


Rispetto e potere: la realtà di una prodomme

La parola prodomme deriva dall’unione del prefisso “pro”, che indica professionalità, e del termine francese “domme”, abbreviazione di dominatrix, ossia dominatrice, racchiude in sé il peso di un ruolo antico e moderno allo stesso tempo. Questo termine identifica una figura che padroneggia l’arte della dominazione consapevole, guidando il gioco psicologico ed emotivo del mondo BDSM. Non è solo un’etichetta, ma un ruolo che richiede competenza, conoscenza delle tecniche, e una profonda comprensione delle dinamiche umane. Difficile ridurre ad un’unica definizione.

Per alcuni è un sogno irraggiungibile, per altri il riflesso delle proprie fantasie più intime, ma per tutti dovrebbe essere una realtà da avvicinare con rispetto. Essere una prodomme significa molto di più che padroneggiare tecniche raffinate o soddisfare richieste specifiche: significa guidare, entrare nella profondità della mente di chi si affida a lei, e farlo con eleganza, equilibrio e una conoscenza profonda delle dinamiche psicologiche che rendono il BDSM qualcosa di unico.

Non è un lavoro per chi cerca scorciatoie o guadagni facili. La prodomme non si limita ad eseguire, ma costruisce un mondo dove ogni gesto, ogni parola e ogni silenzio hanno un significato. Purtroppo però, c’è chi si avvicina a lei con superficialità, mosso da un’idea sbagliata del ruolo, cercando solo pratiche fisiche o, peggio ancora, trattandola con una maleducazione sconcertante. Appellativi come: “ciao bella”, “tesoro”, “cucciola”, “principessa”, richieste dirette e irrispettose come” quanto prendi”? senza un saluto e nessuna presentazione, non solo sono inappropriati: sono uno schiaffo al lavoro e alla dedizione che questa figura incarna.

Ecco perché è importante ribadire che una prodomme non si offre per prestazioni sessuali. La sua essenza risiede nell’essere l’oggetto del desiderio mai esaudito, una guida che domina con la mente prima che con il corpo. Non è una escort, e il suo lavoro, pur condividendo con quello delle sex worker il rispetto che entrambe meritano, si muove su binari completamente differenti. La profomme non soddisfa fisicamente nel senso tradizionale. Piuttosto, alimenta la fantasia, stabilisce i limiti, e crea un rapporto basato sull’attenzione, sulla curiosità e sul mistero. Sebbene non offra il suo corpo per il piacere sessuale, il suo potere e controllo fisico possono comunque suscitare una risposta fisica dello schiavo, come la scarica dovuta al dolore o alla privazione, ma sempre entro i confini stabiliti, senza che ci sia mai un coinvolgimento diretto.

È importante ricordare che il rispetto deve essere dato a tutte le persone, a prescindere dalla loro professione, che si tratti di una prodomme, una sex worker o qualsiasi altro ruolo. Ogni essere umano merita attenzione, educazione e cortesia. Sminuire un lavoro che può portare sollievo o soddisfazione fisica e psicologica è un atto di mancanza di rispetto che va oltre il comportamento di chi lo svolge, ma riflette anche una visione distorta dell’umano e della dignità. Se ci si presenta in modo rispettoso, l’atteggiamento della persona dall’altra parte sarà inevitabilmente più propenso alla reciprocità, creando così un’interazione più aperta e genuina. Al contrario, un approccio maleducato o superficiale non solo denota una mancanza di rispetto, ma rende difficile instaurare qualsiasi tipo di rapporto, anche se temporaneo, e compromette ogni possibilità di confronto costruttivo.

Non tutti cercano un rapporto profondo o una connessione emotiva con una prodomme. Alcuni desiderano esclusivamente pratiche specifiche, come il bondage, il clinical o il travestitismo, o altre pratiche mirate e questo è legittimo, ma deve avvenire sempre nel rispetto della figura con cui si sta interagendo. Ogni interazione con una prodomme dovrebbe essere un incontro tra desideri e confini, un gioco di ruoli che si fonda su rispetto, educazione e consapevolezza.

Non è facile parlare di questa professione senza rischiare di offendere altre categorie o senza che alcune persone si sentano fraintese, in un mondo ancora per molti sconosciuto o frainteso, riuscire a spiegare in poche parole un concetto così complesso è una sfida. Sarebbe bello se tutti, indipendentemente dal loro ruolo o dalla loro professione, imparassero a trattare il prossimo con rispetto e ad affrontare questi argomenti con apertura mentale, per superare finalmente le incomprensioni.

Ammetto che ci sia una certa amarezza nel dover continuamente spiegare e ribadire cosa sia e cosa non sia il ruolo di una prodomme, quando tutto si riduce alla mancanza di educazione e empatia, Ciò che dovrebbe essere scontato, come un semplice “buongiorno “o “buonasera2, o l’uso di un linguaggio rispettoso, sembra essere dimenticato da molti. La base di ogni relazione, anche professionale, è la CORTESIA: che si tratti di una prodomme o di qualsiasi altra figura, la maniera di approcciarsi è fondamentale. Dire:” ciao quanto prendi?” è una manifestazione di mancanza di rispetto. La stessa educazione che si deve ad un qualsiasi altro professionista o PERSONA!!! Un semplice:” Buongiorno, mi chiamo Marco, vorrei avere maggiori delucidazioni in merito al tuo annuncio”, rende qualsiasi dialogo più civile, aperto e rispettoso: La differenza tra un incontro che si basa su un servizio, risiede proprio in questa attenzione al prossimo!

Nel 2024, mi ritrovo a dover ribadire concetti che dovrebbero essere scontati, come l’importanza dell’educazione e del rispetto nelle interazioni con gli altri, anche in contesti professionali. È davvero sorprendente come, nonostante l’evoluzione della società, ci sia ancora bisogno di spiegare l ‘importanza di approcciarsi con cortesia, empatia e attenzione. Questo, purtroppo, non solo rallenta il nostro progresso, ma mina anche la qualità dei nostri rapporti umani, che dovrebbero essere sempre improntati alla dignità e al rispetto reciproco. Mi auguro che questo post possa contribuire a sensibilizzare su quanto sia fondamentale trattarsi con rispetto, in ogni contesto, perché alla fine, la gentilezza e l’educazione non sono mai troppi.

Lady Altea

Il mio pensiero sulla money slavery: più di un gioco

  La Money Slavery è una delle pratiche più incomprese del BDSM, spesso liquidata come un capriccio o un gioco perverso. Eppure, dietro qu...